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Gli ostacoli sulla strada dei supertecnici

Se l’unica difficoltà a governare l’Italia stesse nella cattiva qualità della classe politica, la nomina dei tre «supertecnici» non si capirebbe. Invece i compiti precisi affidati a Enrico Bondi e a Francesco Giavazzi rivelano due altri ostacoli ingombranti che il governo di Mario Monti si trova di fronte: la burocrazia e i poteri corporativi.
Per riformare la spesa pubblica occorre aggirare complicità che rafforzano da fuori la cattiva politica. Negli acquisti pubblici di beni, si nascondono guadagni illeciti piccoli e grandi; nei trasferimenti alle imprese, scambi di favori annosi e ben radicati. Più di una volta in passato alcuni politici si erano prefissi obiettivi ambiziosi; poco è seguito.
Da un quarto di secolo è noto l’andamento anomalo del settore di spesa dove dovrà incidere Enrico Bondi. Fu la legge finanziaria del 2000 ad affidare alla Consip il compito di centralizzare e rendere trasparenti gli acquisti delle pubbliche amministrazioni; i burocrati l’hanno ostacolata in tutti i modi, convincendo i Parlamenti a limitarne il raggio. Dove ha operato, la Consip ha in genere prodotto risparmi. Ma responsabili di ogni livello del settore pubblico sono pronti a negare che spunti prezzi più bassi, oppure la proclamano incapace di fornire i beni della qualità giusta, di capire le esigenze specifiche dei loro uffici, eccetera eccetera. Avvocati illustri patrocinano al Tar i fornitori esclusi, e spesso ottengono di rovesciarne le decisioni.
Di rivedere i trasferimenti alle imprese si proponeva già Guido Carli (al Tesoro fra il 1989 e il 1992) che proprio alla fine del suo mandato chiamò come dirigente al ministero l’allora quarantenne professor Giavazzi. Talvolta, la dimensione della spesa a favore delle imprese private è stata agitata come minaccia per rendere gli industriali privati più docili verso i politici; poco si è ragionato sull’ammontare dei fondi destinati a imprese pubbliche. Governi di diverso colore avevano promesso di abbassare le aliquote di imposta sulle imprese a fronte di una riduzione di incentivi e sussidi vari; anche quando un presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, accettò la sfida, le resistenze delle categorie industriali interessate prevalsero. Ora il governo Monti cita giustamente tra i sussidi più distorsivi quelli all’autotrasporto: nel caso, occorrerà il coraggio di affrontare uno sciopero dei Tir. Reazioni analoghe potrebbero prodursi altrove.
Diversi politici, e anche qualche collega accademico, fanno dell’ironia su Giavazzi alle prese con le difficoltà pratiche di realizzare le idee espresse sul Corriere della Sera. Ma magari ne arrivassero altri ancora, di «tecnici dei tecnici». Diciannove anni fa, il governo di Carlo Azeglio Ciampi attirò nei ministeri numerose persone capaci dal settore privato, dalle professioni, dalle università; era il segno di una speranza, dopo Tangentopoli. In un momento di uguale gravità, può il fenomeno ripetersi?

Fonte: La Stampa del 3 maggio 2012

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