Anche la tanto decantata ricchezza delle famiglie italiane ha subito i morsi della crisi economica: dalla fine 2007 alla fine del 2012 il calo è stato pari al 9%. Nei primi sei mesi di quest’anno, è andato perso un altro 1%; e così il «tesoretto» delle famiglie è sceso, ad andar bene, del 10%. La causa principale di questo andamento sconfortante è la perdita di valore delle case: a fine 2012 la ricchezza abitativa posseduta dalle famiglie superava i 4.800 miliardi di euro – in media, 200mila euro a nucleo – con una flessione di 194 miliardi (-3,9%) rispetto all’anno prima. Nei primi sei mesi del 2013 il valore è sceso ancora dell’1,8%, a 4.745 miliardi di euro.
Il rapporto sulla ricchezza delle famiglie pubblicato dalla Banca d’Italia traduce in numeri concreti la sensazione di impoverimento che attanaglia da tempo gli italiani. E poco importa se, come confermano anche gli ultimi dati, le nostre famiglie mostrano un’elevata ricchezza netta, paragonabile a quella delle famiglie francesi, inglesi e giapponesi, e superiore a quella di americani, canadesi e tedeschi. L’effetto povertà, in Italia, si sente e condiziona negativamente l’andamento dei consumi. Anche perché le famiglie italiane preferiscono, se ce la fanno, non indebitarsi. A fine 2012 le passività finanziarie ammontavano a 895 miliardi, costituite per 380 miliardi da mutui casa, 120 miliardi per credito al consumo, 185 miliardi di debiti commerciali e altri conti passivi e 175 miliardi per altre forme di prestito. Un livello di indebitamento «che resta relativamente basso – spiega Bankitalia – nonostante i significativi incrementi degli ultimi anni».
Quanto alla componente finanziaria, le attività delle famiglie ammontavano, a fine 2012, a 3.670 miliardi di euro, in crescita del 4,5% rispetto all’anno precedente. Depositi bancari, risparmio postale e contante rappresentano circa il 31% del totale. Sempre nel 2012 erano censiti oltre 47 milioni di conti correnti, con un ammontare complessivo superiore a 660 miliardi di euro. L’ammontare medio per cliente è di poco superiore ai 14mila euro, con un valore medio nel Nord-Ovest oltre il 50% più elevato rispetto a Sud e Isole.
E se, nonostante le difficoltà, le famiglie cercano ancora di risparmiare, lo Stato continua a fare lo spendaccione. Il debito pubblico ha inevitabilmente raggiunto l’ennesimo record in ottobre, toccando i 2.085 miliardi di euro, in aumento di 95 miliardi rispetto alla fine del 2012. Bankitalia, oltre a fornire le cifre del debito, conferma che la crisi ha colpito le entrate fiscali: da gennaio ad ottobre il Fisco ha incassato quasi un miliardo e mezzo in meno rispetto allo stesso periodo del 2012, toccando comunque la ragguardevole cifra di 307,8 miliardi di euro. La situazione del deficit 2013 resta pericolosamente in bilico sul 3% del Pil, come conferma lo stesso ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, tanto da non consentire neppure la cancellazione della «mini-Imu». E le agenzie di rating ci guardano con sospetto: Standard & Pooor’s conferma la bassa valutazione dell’Italia (BBB/A-2), con prospettive restano negative, a causa di una «ripresa fragile in un contesto di elevato debito pubblico».
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Fonte: Il Giornale dl 14 dicembre 2013