• domenica , 24 Novembre 2024

Fondo Europeo al via:”Riapriamo i trattati”

L’Ue renderà permanente il suo meccanismo salvastati, lo farà diventare qualcosa di molto simile a un «Fondo monetario europeo» dandogli il compito di intervenire a sostegno di chi, come la Grecia, dovesse trovarsi sull’orlo della bancarotta. La sua creazione, come richiesto dalla Germania, avverrà se necessario attraverso un processo di riscrittura dei Trattati. La Commissione europea studierà i contorni tecnici dell’operazione, mentre il presidente stabile Herman Van Rompuy ne valuterà le implicazioni legali. Al vertice di dicembre, i ventisette leader troveranno le opzioni possibili sul tavolo. L’intenzione è di avere una decisione formale al successivo summit di primavera.
A tarda serata, dopo un pomeriggio di discussioni non sempre rilassate, i capi di stato e di governo hanno cominciato a vedere la fine della battaglia del nuovo Patto di Stabilità, lo strumento che governa l’economia europea. Ha aiutato la ritirata strategia di Angela Merkel, che ha tolto dal tavolo la richiesta di valutare sanzioni politiche (come la sospensione del diritto di voto) per i paesi con deficit o debiti molto fuori misura rispetto ai parametri di Bruxelles. Più fonti dicono che era tutto calcolato, anche se la foga con cui la cancelliera ha pubblicizzato la mossa richiederà qualche chiarimento al ritorno a Berlino. L’intesa che si profilava sul Fondo ha comunque tolto parecchie castagne dal fuoco.
L’esito compiuto della trattativa si vedrà solo staman a conclusione dle vertice, anche se nel giro di tavolo nessuno risulta aver sollevato grosse questione sulla riapertura «leggera» dei Trattati, nemmeno gli irlandesi che hanno votato due volte sulla Carta di Lisbona. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, ha persino ipotizzato che una punta di maquillage potrebbe essere decisa dai leader senza altri appelli, sopratutto senza ricorso a referendum capaci di provocare tsunami del tutto sgraditi. Solo critiche invece, per le sanzioni politiche. Ma la Merkel sembrava aspettarselo.
Aggirate queste due secche, adesso si potrà entrare nel vivo delle regole della governance. I ventisette «approveranno» oggi il rapporto politico della task force dei ministri del tesoro guidata da Van Rompuy e, indirettamente, quello tecnico della Commissione, in vista del braccio di ferro con il Parlamento europeo, che esaminerà il pacchetto con una corsia privilegiata. Dei contenuti si è parlato poco. «Riusciremo a far passare il concetto che la salute di uno stato non è data solo dal debito ma anche dalla finanza privata», ha previsto il premier Berlusconi, contando che questo consentirebbe all’Italia di diventare il secondo paese «subito dopo la Germania, ma molto prima di molti altri». Il concetto di sostenibilità è abbastanza flessibile. Se ne riparlerà, a lungo persino.
Vale anche per Fondo Monetario Europeo, titolo per ora solo indicativo. In maggio l’Europa ha lanciato l’Efsf, Fondo di stabilità finanziaria, per salvare la Grecia e tutte le possibili sue sorelle bisognose di aiuto. Gli ha dato 750 miliardi di dote e tre anni di vita, termine che tutti trovano discutibile, perché la fine del veicolo avrebbe conseguenze pesanti sui mercati. E’ chiaro che serve un’istituzionalizzazione. Per questo Berlino vuole cambiare i Trattati, per togliere la clausola secondo cui non si salva chi va in bancarotta, contestabile dalla sua Corte. Chiede anche l’approvazione del principio del fallimento pilotato per chi lo merita. Su questo non c’è accordo.Il”Fme”esiste in principio e non nei contenuti.
Coda polemica sul bilancio Ue. Britannica. Il premier David Cameron ha costruito una minoranza di blocco che punta a non portare l’aumento dei flussi comunitari oltre 2,91% chiesto dal Consiglio, mentre Commissione e Parlamento vogliono circa il 6%. Vuol dire che se non c’è accordo entro tre settimane, si andrà all’esercizio provvisorio. Il presidente di Strasburgo, Buzek, ha aperto un poco. «Siamo disposti a trattare – avverte il polacco – Ma su alcune poste non si può transigere».

Fonte: La Stampa del 29 ottobre 2010

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