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Fondi privati e piani rigorosi, così rendono le infrastrutture

Il Tempo lo aveva anticipato già lo scorso autunno al momento del varo della prima versione della legge finanziaria: per il programma di infrastrutturazione di cui l’Italia ha urgentemente bisogno è necessario il ricorso alla finanza di progetto tramite capitale privato. E’ in piedi una normativa apposita (aggiornata di recente) ed una unità tecnica presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel cui ambito è stata creata (alcuni anni fa) Ispa (ossia Infrastrutture Spa), i cui esiti (sino ad ora) sono stati inferiori alle attese. La Scuola superiore della pubblica amministrazione (Sspa) sta realizzando 48 corsi specialistici in queste materie per dirigenti e funzionari delle Pa. E’ stata appena annunciata una nuova iniziativa (in sigla F21), un fondo per il finanziamento delle infrastrutture , i cui soci iniziali sono la Cassa Depositi e Prestiti, UniCredit, le Fondazioni bancarie, il Fondo dei Geometri; si annunciano soci esteri (e perché non i maggiori fondi pensione?).
Se operano efficacemente, i fondi chiusi per il supporto delle infrastrutture rendono bene anche sotto il profilo privatistico (ossia a chi li sottoscrive). Ad esempio, è del 25 gennaio la notizia che il bilancio consuntivo 2006 del Tata Infrastructure Fund di Mumbai ha portato a casa un utile lordo (prima di tasse, dividenti ed ammortamenti) del 62% e che il Sundaran Bnp Paribas Select MidCap Fund uno addirittura del 92%. Indubbiamente si è alle prese con economie emergenti a rapida crescita (come quella dell’India). Un’analisi (ancora inedita) del servizio studi della Banca centrale europea suggerisce che in economia mature (come quella dell’Italia), i rendimenti saranno molto più contenuti. Possono, però, essere elevati.
Che suggerimenti per F21 si ricavano da esperienze analoghe. Essenzialmente due:
• La principale esperienza è quella della Banca mondiale dalla sua creazione nel 1944 alla fine degli Anni 80 (quando l’enfasi passò dal finanziamento di progetti e programmi alla lotta alla povertà ed alla corruzione). La provvista della Banca proveniva interamente dal mercato dei capitali. Le sua emissioni di obbligazioni avevano la classificazione più alta (da parte delle agenzie di rating) a ragione della qualità dei progetti e del rigore con cui venivano valutati. La Banca era il laboratorio di innovazione in materia di valutazione. F21 potrebbe trarre utili indicazioni dalle sperimentazioni di analisi di progetti con la tecnica delle opzioni reali effettuate , in Italia, dai Ministeri dell’Economia e delle Finanza e delle Comunicazioni e oggetto di corsi (e di un apposito volume per la didattica) presso la Sspa e già introdotte in fondi analoghi di altri Paesi europei oltre che dalla stessa Banca mondiale.
• F21 deve essere, al tempo stesso, prudente ed innovativo. Interessanti le operazioni lanciate in un prima fase in Australia ed ora negli Usa (nonché in Argentina e Bolivia) dove fondi analoghi hanno concluso, o stanno concludendo, in seguito a procedure concorsuale con evidenza pubblica, contratti di acquisto o di leasing a lungo termine di infrastrutture di grande rilievo (tra cui il Pennsylvania “turnpike” presentata, quando nel lontano 1940 venne inaugurata, coma la superautostrada più avanzata al mondo ed ora in esigenza di ammodernamento). Sono iniziative che hanno attratto pure gruppi di private equity ma che richiedono un’analisi finanziaria molto attenta . Per evitare di replicare gli esiti dell’Eurotunnel.

Fonte: Il Tempo del 29 gennaio 2007

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