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Fisco, bisogna razionalizzare

Accorpare tasse e tributi per alleggerire la pressione fiscale
Se, come sostiene il Censis, la grande maggioranza degli italiani giudica non solo elevato il carico fiscale, specie in relazione alla qualità dei servizi ricevuti in cambio, ma anche ingiusto, inefficiente ed esoso l’intero sistema tributario, è proprio vero che, stante la situazione della finanza pubblica, non si può fare nulla? La risposta è duplice. Se intervenire significa ridurre le aliquote, temo che a invarianza di condizioni di bilancio non ci sia alcuno spazio. Se è vero, infatti, come sostiene uno studio della Cgia di Mestre, che pressione fiscale sui contribuenti regolari nel 2010 è oscillata tra il 51,1% e il 51,9% del pil – oltre otto punti percentuali in più rispetto al dato (42,8%) contabilizzato dal Ministero dell’Economia, che considera nel pil anche la quota di economia sommersa (la Cgia la stima tra 231 e 273 miliardi sul totale di 1.555) che notoriamente non paga le tasse – è difficile credere che si possa produrre una significativa riduzione di questa pressione, salvo risultati diversi da quelli fin qui ottenuti nella lotta sia all’evasione fiscale che al sommerso.
Se, invece, per un intervento lenitivo si dovesse intendere una riduzione delle incombenze di carattere burocratico che pagare tasse e tributi vari comporta, cioè un intervento che produce effetti benefici per i contribuenti e che non costa un centesimo all’erario, allora lo spazio di miglioramento è enorme. Anche in questo caso ci aiuto uno studio recente, quello realizzato dalla Confesercenti sugli adempimenti fiscali previsti per il 2011. Dal quale si evince che saranno ben 694 gli appuntamenti con le tasse nel corso dell’anno, quasi tre al giorno e 60 al mese se si considerano le sole giornate lavorative (252), con una punta massima in luglio (74 scadenze, di cui 45 nel solo 16 luglio, il giorno più vessato dell’anno). Ora, se si valuta che per adempiere agli obblighi fiscali, le imprese impiegano mediamente 285 ore lavorative (60 in più della media europea, il doppio di Francia e Olanda, il 50% in più di Spagna e Germania) spendendo 2,7 miliardi, risulta chiaro che una semplificazione della giungla burocratica produrrebbe effetti ben maggiori di quelli che interventi marginali su questa o quella tassa abbiano mai prodotto e potrebbe in futuro produrre. E non si tratta solo di un effetto simpatia stile “caro contribuente ti semplifico la vita”, ma anche di una vera e propria riduzione di oneri. Pagare una volta dieci e dieci volte uno non solo è diverso per come dispone il cittadino o l’impresa verso il fisco, ma anche come importo: l’ammontare delle tasse da pagare fa sempre dieci, ma nel secondo caso finale arriva anche a 11 o 12.
Come si potrebbe intervenire? Intanto riducendo il numero di tasse e tributi, accorpandoli. Poi molti degli appuntamenti con il fisco sono la conseguenza di una ripetitività che non è giustificata. Basterebbe mettersi a studiare il problema, e stilare un diverso e più asciutto calendario: la Confesercenti, meritoriamente, indica diverse possibilità, ma se c’è la coscienza dei termini della questione e la conseguente buona volontà nel voler rimediare, non dovrebbe essere difficile arrivare a un buon risultato. Senza contare che ne guadagnerebbe anche l’efficienza della pubblica amministrazione, con una riduzione dei costi di gestione del sistema tributario. Provare per credere.

Fonte: Il Messaggero del 23 gennaio 2011

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