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Finmeccanica medita lo strappo:”Meno burocrazia o ce ne andiamo”

Pago e pretendo. Viste le origine lombarde del presidente e amministratore delegato della Finmeccanica, Giuseppe Orsi, potrebbe essere questa la sintesi del documento di 7 cartelle che quello che si definisce «il primo gruppo high tech italiano» e «uno tra i 10 player mondiali del settore aerospazio» ha inviato ai candidati alla presidenza della Confindustria, Alberto Bombassei e Giorgio Squinzi. Orsi che ha scelto di non andare tanto per il sottile scrive: «Ad oggi i benefici che Finmeccanica trae dall’ appartenenza a Confindustria non sono proporzionati al suo rilevante impegno economico, quattro milioni di euro». E allora, come Finmeccanica «ha attivato un processo di revisione allo stesso modo è fondamentale che anche Confindustria si predisponga a cambiar pelle». Più chiaro di così si muore. Non è un ultimatum ma è sicuramente un richiamo che non lascerà insensibili Bombassei e Squinzi. Anche perché Orsi alla fine del documento tira le conclusioni: «L’ aderenza del programma di Confindustria ai principi sopraindicati determinerà negli anni futuri la presenza attiva di Finmeccanica nella associazione ed il pieno appoggio al gruppo dirigente chiamato a garantirne l’ attuazione». Non siamo al Marchionne-bis ma l’ avvertimento è secco. Ci si può stupire caso mai che sia un gruppo pubblico, anche se quotato in Borsa, a fare la voce grossa e a indicare la rotta per gli industriali. La Confindustria, che Orsi vuole, «dovrà essere più associazione e meno struttura burocratica». E anche in questo caso se qualcosa fa difetto al manager lodigiano non è certo la sincerità. Partendo da queste premesse la lettera prosegue elencando sei-punti-sei per il rilancio. Una sorta di manifesto dal titolo «la Confindustria che vogliamo». Al primo punto «il ruolo della grande impresa» introdotto da qualche numero sul peso di Finmeccanica: 71 mila dipendenti, 16 mila ingegneri e 21 mila tecnici specializzati, in totale compreso l’ indotto il gruppo dà vita «a oltre 100 mila posti di lavoro». I numeri servono a Orsi per sostenere che senza grandi imprese l’ Italia non va da nessuna parte e la Confindustria si deve impegnare a fondo per favorire «l’ aggregazione delle Pmi». Al secondo punto Orsi mette l’ internazionalizzazione. E parte da una considerazione polemica: chiede «una profonda revisione del concetto di made in Italy che vada oltre il fashion e il food per rafforzare la credibilità delle nostre produzioni high tech rendendo esplicita la posizione dell’ Italia quale secondo Paese industriale europeo». Al terzo punto il manifesto della Finmeccanica parla di ricerca e sviluppo e chiede un potenziamento dell’ attività a supporto dello sviluppo dei distretti industriali di settore. Al quarto il capitale umano e propone «l’ istituzione di atenei industriali che favoriscano un network internazionale in grado di preparare i giovani ad affrontare le sfide della competizione globale». Per centrare quest’ obiettivo Confindustria e i suoi associati dovranno avere «un ruolo di indirizzo e collaborazione molto più determinante di quello attuale». Il quinto punto è dedicato alle relazioni industriali. L’ accordo interconfederale del 28 giugno 2011 rappresenta «un importante, ma non ancora sufficiente, passo in avanti». Infatti, in troppe parti si limita a dichiarazioni di principio che, sottolinea Orsi, «non hanno ancora avuto riscontro nella concreta azione dei sindacati in azienda». Non basta quindi una condivisione generale di principi se non è accompagnata da «norme cogenti e inoppugnabili» sulla cui applicazione Confindustria deve farsi garante. Il contratto nazionale di lavoro va salvaguardato, ma snellito e deve «rappresentare una cornice per la contrattazione aziendale o di gruppo che dovrà quindi prevalere su quella nazionale». Il sesto e ultimo punto del manifesto riguarda la vita interna della Confindustria che deve essere orientata al contenimento dei costi. E Orsi suggerisce: a) accorpamento delle associazioni provinciali in strutture territoriali evitando duplicazioni; b) semplificazione delle strutture «attraverso la soppressione di posizioni non essenziali per il funzionamento del sistema»; c) semplificazione del sistema delle federazioni di categoria, in coerenza con l’ accorpamento dei contratti collettivi esistenti. Fin qui Orsi. Ora non resta che aspettare le reazioni.

Fonte: Corriere della Sera del 17 febbraio 2012

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