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Finmeccanica, governo latitante

Tangenti, ruberie, lottizzazione selvaggia. Il colosso è nella bufera da tre anni. Ma l’esecutivo non batte un colpo. Pur essendone il principale azionista. Debolezza o ignavia?
La Finmeccanica è nella bufera da quasi due anni. Tangenti, ruberie, lottizzazione selvaggia dei posti di comando, strategie industriali abbozzate e subito azzoppate.
I magistrati indagano: dalle intercettazioni raccolte sembra un verminaio, anche se, per quanto se ne sa al momento, le inchieste non hanno ancora prodotto prove risolutive.
Il governo, con il 30 per cento, controlla la Finmeccanica, secondo gruppo manifatturiero italiano dopo la Fiat, quotata in Borsa, 70 mila dipendenti e 17,3 miliardi di ricavi. L’esecutivo ha designato propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione e ne ha scelto i vertici. Non solo. Sulla base della legge 185/90 dovrebbe essere a conoscenza dei pagamenti di intermediazioni in tutte le attività di esportazione di armi, soprattutto quando superano una soglia critica. Da due anni il governo, quello di Silvio Berlusconi prima quello di Mario Monti poi, assiste allo scempio di un patrimonio industriale senza battere colpo.
L’immagine della Finmeccanica, che all’estero tutti considerano (a ragione) una propaggine della Pubblica amministrazione e non una società privata, si sta rapidamente deteriorando. In un momento in cui la recessione e lo sforzo diffuso di aggiustamento dei conti pubblici impongono dovunque tagli alla spesa per la Difesa. Mentre “prendere” commesse è sempre più difficile, gli italiani passano per corruttori, e trafficoni. Il governo è muto, con un ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, indebolito da uno schizzo di fango giudiziario cui non ha saputo reagire in modo convincente. Lascia il vertice della società al suo posto, nonostante le grane giudiziarie, con poteri inconsueti (il capoazienda Giuseppe Orsi è sia presidente sia ad, il direttore generale Alessandro Pansa siede nel cda), ma non gli riserva un pubblico attestato di fiducia. E ne mina direttamente la credibilità quando invoca (e ottiene) uno schieramento misto di banche pubbliche (Cdp) e imprenditori privati italiani per rilevare il controllo della Ansaldo Energia, messa in vendita dalla Finmeccanica e “opzionata” dalla tedesca Siemens con cui sono in corso trattative.
E’ un azionista un po’ schizoide il governo italiano. Che sembra non avere la forza di far valere le sue prerogative nel gruppo di piazza Montegrappa o la voglia di immischiarsi in faccende dai contorni tanto loschi da far ribrezzo ai compassati “professori”. E invece serve qualcuno che decida in fretta se rilegittimare Orsi, affiancandogli un presidente al di sopra di ogni sospetto, o se voltare pagina. Non può bastare lo scampato pericolo della fusione tra Eads e Bae a salvare la Finmeccanica. E non è bello aspettare che siano i magistrati a decidere.

Fonte: Espresso del 5 novembre 2012

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