• venerdì , 22 Novembre 2024

Export e guerre valutarie, i grandi senza intesa. La Cina dice ancora no

Draghi: rafforzare il ruolo del Financial stability board.Niente regole su surplus e deficit Non passa l’ idea di mettere vincoli ai disavanzi commerciali.Il «piano d’ azione» partito con il vertice di Londra resta per ora bloccato sul nodo degli squilibri internazionali.
Si tenterà fino all’ ultimo di trovare punti di intesa. Gli sherpa, cioè i numeri due di ogni delegazione, lavoreranno a ritmo continuo per individuarli. Ma non sarà facile. Le posizioni dei leader dei Venti Paesi più ricchi del mondo dopo la cena che ha aperto il vertice di Seul restano infatti «molto distanti», come è stato riferito da alcuni partecipanti, nel definire una politica comune e condivisa per rafforzare la crescita. E ciò, è stato detto, anche per il netto e completo rifiuto della Cina a parlare di cambi e ad accettare di porre sotto controllo il suo surplus commerciale. Di mettere cioè un freno alle sue esportazioni, rivalutando lo yuan. Il presidente Hu Jintao ha gelato i colleghi riuniti attorno al tavolo dell’ ospite coreano, il presidente Lee Myung-bak, apparecchiato nella sala del Museo Nazionale di Seul, tra i quali anche il premier italiano Silvio Berlusconi e il governatore e presidente del Fsb Mario Draghi. Ribadendo ciò che in mattinata aveva detto al presidente degli Usa Barack Obama, Jintao ha ripetuto per l’ ennesima volta che la «riforma dello yuan ci sarà ma sarà graduale» per non bloccare lo sviluppo del Paese. Ma senza un accordo sui cambi, che metta fine all’ altalena imbizzarrita delle monete, senza un riequilibrio delle partite commerciali fra i Paesi in surplus come la Cina e quelli in deficit come gli Usa, tanto per nominare i due maggiori protagonisti dello scontro valutario, non è possibile avere una crescita economica forte e soprattutto non diseguale come l’ attuale. L’analisi della situazione fatta ieri dai capi di Stato e di governo ha confermato infatti una ripresa, più forte di quella attesa solo un anno fa, ma non omogenea e con divergenze anche nelle prospettive d’ inflazione. Il piano d’ azione messo in cantiere dal G20 di Londra, arrivato a Seul dopo le tappe di Pittsburgh e Toronto, resta quindi per ora fermo, bloccato dalle monete. Le linee d’ azione previste saranno riconfermate ma senza prevedere azioni concrete per obbligare i Paesi a rispettarle. Così le possibilità di trovare un punto di convergenza, che comunque faccia fare un passo avanti alla coesione del G20, sono quindi affidate alla capacità del presidente coreano di convincere i colleghi sull’ opportunità di definire appositi indicatori, fra i quali il rapporto tra partite correnti e Prodotto, sui quali misurare il processo di riassorbimento degli squilibri commerciali. Da valutare con un «monitoraggio reciproco e condiviso», al quale poter legare in futuro misure coercitive. La cena di ieri ha invece confermato l’ accordo dei Grandi alla riforma del Fmi e sulle nuove regole della finanza proposte dal Financial stability board presieduto dal Governatore della Banca d’ Italia, Mario Draghi, e da lui sintetizzate nella lettera inviata ai leader alla vigilia del vertice. Nella missiva il governatore ha sollecitato il potenziamento del ruolo dell’ Fsb oltre a chiedere il sostegno politico alla completa attuazione delle norme. Che partono dal rafforzamento dei requisiti di capitale delle banche (Basilea3) e proseguono con la definizione di più severe procedure per mettere in sicurezza le istituzioni maggiori, quelle che in caso di difficoltà possono condizionare i governi ed imporre costosi salvataggi, che vanno evitati. Un tema questo caro alla cancelliera tedesca Angela Merkel, «non ancora del tutto soddisfatta». Ma in Europa in questo momento è più forte la paura per le sorti dell’ Irlanda e delle sue banche. Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, ieri ha assicurato che l’ Unione Europea è pronta a sostenere Dublino: «Se necessario, abbiamo tutti gli strumenti necessari per agire».

Fonte: Corriere della Sera del 12 novembre 2010

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