Quando giovedì Mario Monti si incontrerà con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy a Strasburgo, non ci sarà dubbio su chi dei tre padroneggi meglio lagenda delle discussioni.
LItalia non solo torna ad essere ascoltata, ma parla con una voce competente proprio su ciò che urge decidere: come salvare leuro.
Purtroppo, non basta: se nelle prossime settimane non maturerà una svolta radicale, diremo in futuro che tutto avvenne troppo tardi, il cambio di governo a Roma come il congresso dei cristiano-democratici tedeschi a Lipsia dove si è indicato in «più Europa» il rimedio.
Monti sembra luomo giusto per convincere i tedeschi perché il suo pensiero è affine al loro. Ha sempre sostenuto che gli acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario da parte della Banca centrale europea si giustificano solo in una situazione di emergenza ed entro certi limiti. A maggior ragione comprende i tedeschi quando fanno muro contro lidea che la Bce si dichiari pronta a stampare moneta per sostenere i debiti pubblici, come prestatore di ultima istanza. Nello stesso tempo, sa quanto il tempo stringa.
O la va – nel senso di «più Europa» – o la spacca. Mesi fa Monti ha deprecato che quasi tutti i governi insistano a comportarsi «come se non fossero membri di ununione monetaria»; non si curano degli effetti che le loro decisioni hanno sugli altri, tentano di scaricare oltre confine la colpa di ogni misura impopolare. La mancanza di fiducia reciproca sbarra la strada a ogni soluzione capace di impedire ai mercati finanziari il loro tremendo divide et impera.
Negli uffici della Commissione europea José Barroso e Herman van Rompuy preparano proposte sugli eurobond , di cui anche Monti – che incontrerà i due domani – è un sostenitore. Ma perché gli eurobond diventino praticabili occorre che ciascun governo abbia la certezza che i suoi cittadini non saranno chiamati a pagare i debiti di altre nazioni.
Tra Germania e Italia cè accordo che «limitate modifiche dei Trattati europei» siano necessarie, proprio per consolidare la fiducia reciproca. Ci vorrà tempo per negoziarle. Per limmediato occorre fantasia nellescogitare strumenti di sostegno ai Paesi deboli che la Germania possa accettare.
La strada è quella indicata dallaltro Mario italiano, il presidente della Bce Draghi: un rapido potenziamento dellEfsf, il Fondo europeo di salvataggio. Linterrogativo è se lEfsf potrà contare sul sostegno della Bce. Sarà necessario anche qui scontrarsi con certe rigidità dottrinarie che, come Monti ritiene, possono chiudere la Germania in un egoismo di corta veduta.
Al fondo, il problema non è di tecnica monetaria, è di democrazia: quali sono gli strumenti per arrivare a decisioni condivise, che aiutino gli Stati in difficoltà senza incentivarli a ripetere gli errori che ce li hanno condotti. Purtroppo i politici di ciascuna nazione restano molto affezionati alla libertà di sbagliare a danno delle altre. E se lItalia riuscisse a dare un buon esempio, una volta tanto?
Europa o la va o la spacca
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