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Enel, non pagate Infostrada con le centrali

Marco Panara Franco Tatò è stato bravissimo, ha investito in Wind alcune centinaia di miliardi e ora quella partecipazione ne vale alcune decine di migliaia, ed è ovvio che sia difficile per l’azionista rimproverarlo per questo. L’azionista pubblico d’altra parte, anche se crede nel libero mercato, nell’opportunità di privatizzare e nella necessità di liberalizzare, non sarebbe credibile e neanche rispettabile se impedisse all’azienda, che ha anche azionisti privati, di perseguire le sue strategie di ulteriore sviluppo e di cogliere le opportunità di crescita che si presentano. L’azionista, pubblico o privato che sia, deve pretendere dal management la massima valorizzazione della società, e se è pubblico e proclama le privatizzazioni deve soprattutto privatizzare, e cioè vendere il più velocemente possibile le azioni che ha in portafoglio. Anche se deve stare attento a non farsi prendere la mano: proprio nel caso dell’Enel il ritardo della seconda tranche dipende in gran parte dal fatto che la prima non è stata gestita con sapienza e il mercato sta facendo fatica a digerirla perché troppo massiccia e a un prezzo troppo elevato. Se però la società in questione è monopolista è richiesta una particolare attenzione su un punto: il management non deve contare per le sue iniziative di sviluppo, e nel caso in cui il management ci contasse l’azionista pubblico dovrebbe dissuaderlo, dall’utilizzare le risorse accumulate grazie al monopolio, perché se così facesse altererebbe la competizione nel settore dove quelle risorse fossero eventualmente impiegate. Non è una ipotesi di scuola. L’Enel ha deciso di comprare Infostrada e la stessa Enel nei prossimi mesi dovrà vendere alcune centrali elettriche nell’ambito del processo di liberalizzazione del mercato dell’energia. Quindi da una parte compra e dall’altra vende, e se fosse un’azienda non monopolista sarebbe assolutamente normale che utilizzasse le risorse che incassa dalle cessioni per finanziare gli acquisti. In questo caso non è opportuno che ciò accada. Il processo di diversificazione dell’Enel non altera i meccanismi competitivi se non viene finanziato dalle risorse create dal monopolio, delle quali gli altri competitori non possono disporre. Nulla da dire invece se lo sviluppo e la diversificazione sono finanziati con le risorse create nei settori non monopolistici nei quali l’Enel già è presente, o dall’arrivo di nuovi capitali privati. Le somme che l’Enel incasserà con la vendita delle centrali elettriche sarebbe quindi meglio che venissero restituite agli azionisti con un dividendo straordinario, che per il Tesoro equivarrebbe a una entrata da privatizzazione e quindi potrebbe essere destinato a riduzione del debito. In teoria, ma forse non solo in teoria, la redistribuzione di quelle somme potrebbe ricreare spazio nei portafogli degli azionisti privati in previsione della seconda tranche di privatizzazione dell’Enel. Sull’altro fronte, prima l’Enel porta al listino le sue attività nelle tlc meglio è: se Tatò ha avuto ragione a comprare Infostrada e a pagarla quel prezzo il mercato le risorse per pagarla non gliele negherà.

Fonte: "Affari & Finanza" del 9 ottobre 2000

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