• domenica , 22 Dicembre 2024

Elezioni Usa,il repubblicano Walker vince la “recall election”

Il governatore noto per i suoi attacchi ai diritti sindacali, ha superato il sindaco democratico di Milwakeel,Tom Barrett.
Una crisi drammatica e prolungata che impoverisce tutti i Paesi industrializzati e accentua ovunque le diseguaglianze. Ma, almeno negli Stati Uniti, nemmeno l’aggravarsi degli squilibri sociali ha riaperto qualche spazio per le organizzazioni sindacali che, anzi, ieri sera hanno incassato una sconfitta storica: il loro tentativo di defenestrare Scott Walker, il governatore del Wisconsin che per primo ha tagliato drasticamente i diritti sindacali del pubblico impiego, è fallito. L’esito della votazione nello Stato industriale del Mid-West è disastroso per le “union” che ora rischiano di vedere il “falò” dei diritti – che dal Wisconsin si era già propagato all’Ohio e all’Indiana – diffondersi dappertutto nell’Unione. Proprio per cercare di spegnere quell’incendio, i sindacati Usa avevano deciso di trasformare la “trincea” del Wisconsin in un caso nazionale: chiesta con una massiccia raccolta di firme, è stata convocata una “recall election” nella quale Tom Barrett, il sindaco democratico di Milwakee, la principale città dello Stato, ha cercato di detronizzare il repubblicano Walker, uno dei portabandiera dei Tea Party.
CAMPAGNA PIRATA – Calcolo sbagliato: smentendo i sondaggi della vigilia che davano un testa a testa, Walker ha vinto con un margine abbastanza ampio (54 per cento contro 45 a scrutinio quasi completato). E adesso le polemiche non mancano: alluvionato dai soldi dei miliardari conservatori, desiderosi di infliggere una mazzata forse decisiva alle confederazioni, Walker ha speso nella campagna sette-otto volte più di Barrett. E non sono mancati i colpi bassi: a 24 ore dal voto è partita una campagna “pirata” di telefonate automatiche a tutti gli elettori nelle quali il sindaco di Milwakee veniva presentato come la marionetta nelle mani dei sindacati.
RIVOLTA ANOMALA – Ma non bisogna essere degli indovini per sapere che, incassata la botta, la vera resa dei conti si consumerà nel fronte progressista: i democratici saranno chiamati a rispondere del loro atteggiamento di sostegno non troppo caloroso, mentre lo stesso Obama, che ha accuratamente evitato di scendere in campo nella battaglia del Wisconsin, dovrà spiegare la sua scelta. Tentativo di non spostare a sinistra l’asse della sua azione politica compromettendo gli sforzi fatti per recuperare consensi al centro? O desiderio di non mettere la sua faccia in una rivolta anomala (quello di ieri è stato il terzo “recall” della storia) che poteva finire molto male? Fatto sta che, anche quando i sondaggi hanno cominciato a segnalare l’”allungo” di Walker, i democratici sono corsi ai ripari schierando il loro uomo più popolare, Bill Clinton, ma non il presidente in carica.
LEGGE WALKER – Già demolito nel settore privato (dove ormai organizza solo il 7% della forza-lavoro) il sindacato sembra così avviato al tracollo anche nel pubblico impiego, e non solo per l’esito di questo voto-referendum: dal varo della legge-Walker, un anno e mezzo fa, ad oggi il numero degli iscritti alle “union” è quasi dimezzato. Non c’è più il rinnovo automatico della tessera sindacale e, con le “union” ormai incapaci di spuntare altri vantaggi contrattuali per i loro iscritti, le defezioni si sono moltiplicate. La lezione è dura per il fronte progressista: gran parte dell’elettorato sembra voler dire, col suo voto, che la sperequazione da combattere non è tanto quella tra ricchi e poveri quanto quella tra dipendenti privati e pubblici. Ora i sindacati, tradizionalmente la principale macchina elettorale delle campagne democratiche, rischiano di offrire un contributo ridotto alla rielezione di Obama, indeboliti e demotivati come sono.

Fonte: Corriere della Sera del 6 giugno 2012

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