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Ecco i numeri della crisi del Nord

Se Atene piange, Sparta non ride, ha detto ieri il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi nella sua relazione, per ricordare che non solo il Mezzogiorno d’Italia oggi è in forte sofferenza ma anche il Nord si trova sull’orlo del baratro, perché il suo motore produttivo “batte in testa”.
Del resto, se l’Istat certifica che nel 2012 in media il Pil pro-capite degli italiani è stato pari a 22.836 euro ovvero ben 2.303 euro in meno del livello del 2007 (quando era attestato a 25.139 euro) è intuitivo che l’impoverimento, la distruzione di ricchezza indotta da cinque anni di crisi economica debba per forza riguardare anche quelle che una volta erano le roccheforti dello sviluppo economico italiano: c’è chi, come l’economista Pierluigi Ciocca, stima che nell’ultimo quinquennio per l’Italia siano andati perduti qualcosa come 500 miliardi di Pil potenziale. Fortunatamente, la domanda estera continua a svolgere un ruolo fondamentale per sostenere l’attività produttiva: tanto nel 2011 che nel 2012 il contributo delle esportazioni nette alla crescita del Pil è stato molto elevato, nell’11 è stato pari a 1,4 punti percentuali e lo scorso anno è stato pari a tre punti percentuali.
Però nel 2012 anche la crescita dell’export ha cominciato a rallentare e quanto alla domanda interna, i consumi si sono ridotti del 4,2 per cento e gli investimenti dell’8 per cento, mentre la produzione industriale è calata del 6,1% (ma come sappiamo dall’inizio della crisi è scesa del 25 per cento). Sempre l’Istat, infatti, ci avverte che «la contrazione della domanda interna ha colpito tutti i principali settori economici, provocando una profonda e generalizzata caduta del valore aggiunto. A fine 2012 i livelli produttivi sono solo di poco superiori a quelli registrati durante la recessione del 2008-2009». Sono scenari da bollettino di guerra e purtroppo trovano un riscontro anche se dai dati nazionali si passa all’esame “sul territorio”.
Se si usano, infatti, i dati del Pil pro capite a prezzi costanti del 2011 (gli ultimi disponibili a livello regionale) confrontati con il 2007, ultimo anno pre-crisi, si vede che ad esempio nell’intero Nord quattro anni di crisi hanno comportato una flessione di prodotto pro capite pari a 2.143 euro (da 30.356 a 28.213 euro). Ma il quadro si scompone in una flessione pari a 1.855 euro nel Nord Ovest (da 30.298 a 28.443) e una contrazione del Pil pro capite nel Nord est pari a 2.542 euro (da 30.438 del 2007 a 27.896 euro del 2011). Ogni abitante del Centro Italia ha invece perduto 2.256 euro di Pil (da 27.794 a 25.538 del 2001). Il Pil pro-capite del Sud negli stessi anni è sceso negli stessi anni da 17.093 a 15.997 euro, 1.097 euro in meno.
Ma non basta. Scorrendo un paper della Banca d’Italia realizzato con l’apporto delle filiali territoriali e dedicato alla congiuntura nelle macro-aree italiane nei primi nove mesi del 2012 si ricava sempre la stessa impressione: i segnali di contrazione dell’attività produttiva vengono da tutte le aree con il Nord est e il Nord ovest in una posizione solo lievemente meno negativa del Centro e del Mezzogiorno grazie al ruolo svolto dal commercio con l’estero. Per le costruzioni, l’indagine Bankitalia su 500 imprese del settore conferma le difficoltà in tutte le aree, anche se più marcate nel Centro Italia. Il saldo sulle attese di produzione nel campo delle opere pubbliche, annotano tuttavia gli economisti di via Nazionale, è negativo in special modo nel Centro e nel Nord Ovest. Stessi saldi netti negativi generalizzati in tutti e quattro i quadranti territoriali riguardano il settore dei servizi privati non finanziari.
Del resto, anche i dati sull’occupazione confermano che in tutte le aree del Paese si è verificato un calo degli occupati nell’industria in senso stretto (meno 1 per cento nel Nord, -0,6 per cento nel Centro e -2,55 per cento nel Mezzogiorno). Quanto alla disoccupazione, nei primi sei mesi del 2012 è aumentata di circa 2 punti percentuali al Centro Nord e di quasi 4 punti percentuali nel Sud. Se poi dal mercato del lavoro si passa alla dinamica dei finanziamenti bancari (e ai rischi di stretta creditizia) Bankitalia ha rilevato che a giugno 2012 il calo tendenziale del tasso di crescita dei prestiti alle imprese nelle regioni centro-settentrionali era pari al 4 per cento, la stessa entità registrata nel 2009, più forte della contrazione verificatasi nel Sud(-3,5 per cento tendenziale).

Fonte: Sole 24 Ore del 24 maggio 2013

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