• lunedì , 23 Dicembre 2024

E se alla fine si scoprisse che il pericolo non è il Cav. ma la sinistra e i pm?

Ho suggerito al collega Giancarlo Mazzuca, che è responsabile della comunicazione per il gruppo Pdl della Camera, di raccogliere in un dossier tutte le aggressioni e le provocazione di cui sono vittime le sedi, gli esponenti, i militanti e le iniziative delle forze del centro destra. Credo che ne uscirà un quadro allarmante, da denunciare con il rilievo che merita, perché si tratta di una situazione ormai insostenibile, molto simile (a leggere i libri di storia) a quella che nel lontano 1922 aprì la strada al fascismo.
Ovviamente la storia non si ripete mai nel medesimo modo. Il fascismo può vestire anche il colore rosso. Non trovo, infatti, una differenza sostanziale tra le bande violente dei centri sociali o dei tanti collettivi di giovani scioperati e le squadracce fasciste in camicia nera, orbace e fez che davano l’assalto alle Camere del Lavoro e alle cooperative. La sola differenza è, per fortuna, nella linea di condotta delle forze dell’ordine che adesso sono ancora leali nei confronti del legittimo governo del Paese, mentre allora si voltavano dall’altra parte.
L’establishment di sinistra – che è poi lo stesso del Paese – prende le distanze da questi episodi, ma ne porta la responsabilità politica e morale. Sono lor signori infatti a denunciare, ad ogni piè sospinto e come se fossero i soli custodi della legalità, l’oltraggio alla Costituzione, alle libertà democratiche ad opera della maggioranza di centro destra, senza rendersi conto di contribuire a creare in questo modo un clima di emergenza istituzionale in cui tutto diventa consentito. Succede allora che agli esponenti del centro destra sia precluso, con una violenza per ora solo verbale, di celebrare le festività in cui una nazione dovrebbe riconoscersi, che gli stessi vengano aggrediti (il fatto è già stato denunciato più volte in Aula) quando si spostano per le via adiacenti ai palazzi sedi delle istituzioni a Roma. Questi episodi vengono sovente giustificati come espressione della legittima protesta dei cittadini nei confronti di un governo e di una maggioranza che meritano solo critiche. Quando Ignazio La Russa denunciò in Aula – in modo un po’ maldestro – un fatto di questo genere che gli era capitato fuori da Montecitorio, venne accusato dalla opposizione di essere uscito solo per provocare (come se la sua stessa presenza nel piazzale antistante la Camera fosse di per sé una provocazione).
Criticare il governo è la funzione naturale di un’opposizione democratica, ma accusarlo di violare le regole fondamentali del vivere civile significa avvelenare i pozzi della comune convivenza. In sostanza, è operante una conventio ad excludendum nei confronti del centro destra di cui sono protagonisti i poteri forti e le loro propaggini nelle grandi istituzioni politiche e sociali. Lo scorso 14 dicembre, per esempio, abbiamo sventato un golpe. Sulla carta c’erano i numeri per negare la fiducia al governo. Il piano prevedeva che Berlusconi, sfiduciato, salisse al Colle per rassegnare le dimissioni, mentre Roma era attraversata da una manifestazione contro la riforma Gelmini (che poi sarebbe degenerata in scontri con le forze dell’Ordine). Poi un pugno di voti provvidenziali ha consentito di sventare la congiura. Da allora le forze di opposizione sono in grande difficoltà come capita a chi cerca di dare inutilmente una spallata al suo avversario. E’ subentrata allora l’ala militante della magistratura nei termini e con le tecniche dell’attacco alla reputazione del premier.
Ma i giudici non si limitano a fare danni solo sul piano penale. Proprio in queste settimane, a Torino e a Modena, chiamati ad esaminare un ricorso per comportamento antisindacale promosso dalla Fiom nei confronti delle aziende che applicano il contratto del 2009 (che la federazione dei meccanici della Cgil non ha sottoscritto), i giudici del lavoro hanno dato ragione al sindacato su tutta le linea.
Quali conclusioni si possono trarre da questi ragionamenti messi giù alla rinfusa ed ispirati più al pessimismo (della intelligenza?) che all’ottimismo della volontà? L’establishment vuole che nulla cambi in tutti gli aspetti della vita politica, sociale e civile. Tutto ciò che è fuori dagli schemi tradizionali è un’anomalia. Maurizio Landini, con il suo radicalismo settario ed inconcludente, è più inserito nel sistema di Sergio Marchionne, il manager che vorrebbe far lavorare meglio i suoi dipendenti. E magari pagarli di più.

Fonte: Occidentale del 9 maggio 2011

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