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Draghi:”Niente tasse, ma tagli selettivi per ridurre il debito”

L’aumento delle aliquote fiscali è «fuori discussione», mentre sulla spesa pubblica va fatto un «controllo selettivo» per distinguere ciò che favorisce la crescita e ciò che la ostacola. Mario Draghi parla del futuro dell’euro all’Università Cattolica di Milano, e non sembra pienamente convinto dell’accordo che si profila sulla governance economica europea. «Il nuovo patto è incoraggiante, ma non sufficiente», dice in perfetta simbiosi con le dichiarazioni rese, nelle stesse ore, dal presidente della Bce Jean-Claude Trichet al Parlamento europeo.
Ma il governatore di Bankitalia si sofferma anche sui problemi strutturali dell’economia italiana. «Il debito pubblico, già molto alto, è salito ancora – ricorda – ma la sua gestione è stata prudente». E però il problema centrale è la «difficoltà strutturale a crescere: il difficile compito della politica economica è di cambiare questo stato di cose, riducendo al tempo stesso l’incidenza del debito sul Pil». L’aumento delle aliquote fiscali è «fuori discussione, anzi andrebbero diminuite con il recupero di evasione ed elusione». Non resta perciò che il controllo selettivo della spesa, orientato a distinguere fra interventi che favoriscono o meno la crescita. Una posizione differente rispetto a quella del governo, che nelle ultime manovre ha scelto la strada dei tagli di spesa orizzontali.
Secondo Draghi, le nuove regole europee sul debito non costituiscono per l’Italia un vincolo molto più stringente di quello già imposto dalle regola invigore sul pareggio strutturale di bilancio. L’Italia inoltre ha già fatto alcune riforme, come quella delle pensioni, che ci pongono in una situazione di sostenibilità del debito.
Parla anche di crisi, il governatore di Bankitalia, per dire che «non è finita, non si supera in un giorno, e gli effetti dureranno a lungo». Senza l’euro alcuni Paesi, e fra questi l’Italia, avrebbero potuto essere «travolti». Ora l’Europa cerca di darsi regole più stringenti sul debito. «Il nuovo patto – osserva però il governatore di Bankitalia – si ispira a principi corretti, con risultati incoraggianti ma non ancora sufficienti. In ogni caso – assicura – l’euro non è in discussione».
Draghi parla infine del caso Giappone e del possibile impatto dei prezzi energetici sull’inflazione. Ormai «le ripercussioni di choc esterni nei Paesi dell’Eurozona – afferma – sono molto contenute». I rincari del petrolio registrati nel 2007-2008 sono comparabili con quelli avuti negli anni Settanta, «ma hanno generato un rialzo una tantum dei prezzi al consumo inferiore ai due punti percentuali, che non si sono trasformati in inflazione». Secondo valutazioni della nostra banca centrale, l’effetto inflazionistico si è ridotto a un decimo di quello avuto con il primo shock petrolifero. In ogni caso la guardia sulla stabilità sui prezzi deve restare alta.
Quanto all’impatto del terremoto, la Banca mondiale indica una forbice fra 2,5 e 4 punti di calo del pil, «notevole – conclude Draghi – per il Giappone, ma modesto per l’Asia intera». Ora il Giappone dovrà uno sforzo eccezionale per finanziare la ricostruzione, e probabilmente dovrà emettere nuovi titoli di debito pubblico in un contesto già molto difficile.

Fonte: Il Giornale del 22 marzo 2011

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