Le tecnostrutture allattacco. Prima il presidente della Bce, poi un rapporto dellorganizzazione parigina, dettano ricette anticrisi molto simili e con una caratteristica specifica: non centrano nulla con i fattori che la crisi lhanno provocata e continuano ad alimentarla. Di più: di quei fattori non parlano proprio.
Un pesante uno-due. Prima Mario Draghi, che nellintervista al Wall Street Journal dichiara morto il modello sociale europeo. Subito dopo lOcse, con un rapporto in cui il capitolo sullItalia sembra scritto sotto dettatura di Mario Monti (e certamente è così) e ci prescrive privatizzazioni e mano tutele sui contratti di lavoro standard. Il pressing delle tecnostrutture per orientare le scelte politiche si fa sempre più intenso, ma purtroppo batte sempre sugli stessi tasti, mentre appare assai più distratto su altri argomenti che pure meriterebbero qualche attenzione.
E forse il caso di ricordare ogni tanto che la crisi che dura ormai da quattro anni e di cui non si intravvede ancora la fine non è stata provocata né dal modello sociale europeo, né dalla proprietà pubblica o privata delle imprese di servizi e tanto meno dalla presunta rigidità dei contratti di lavoro. La crisi è stata provocata da un sistema finanziario globale del tutto fuori controllo, che ha tuttora bisogno di tassi sottozero per non bloccarsi ossia dellaiuto degli Stati e che ciò nonostante nella maggior parte dei casi macina profitti che si traducono in compensi stellari per un pugno di manager. Intanto le Borse sono tornate sui massimi di inizio crisi: ma non dovevano riflettere landamento delleconomia reale? Ma allora leconomia reale sta andando benissimo e non ce ne siamo accorti? E quella ventina di milioni di posti di lavoro (nella sola area Ocse) che mancano allappello rispetto al periodo pre-crisi?
Dal governatore della Bce ci si aspetterebbe che parlasse, più che di modelli sociali, di regole per la finanza. Lo stesso Draghi, nella sua veste di presidente del Financial Stability Board, ne ha proposte varie che restano tuttora lettera morta. Non sarebbe il caso che insistesse su quelle? Non dovrebbe, ad ogni sua uscita pubblica, ricordare che molti dei fattori che hanno provocato la crisi, e che sono stati individuati anche da quellorganismo da lui presieduto, sono ancora comerano nel 2007? I commercialisti italiani (e, si suppone, anche quelli di altri paesi) ricevono pubblicità dai paradisi fiscali in cui si specifica che per quanto possibile, si agisce in modo legale e questo fatto non viene ritenuto rilevante dallOcse e dalla Bce?
LOcse, poi, quando parla di flessibilità del lavoro dovrebbe fare molta attenzione. Cè chi ricorda che nellormai lontano 1994 lorganizzazione pubblicò un ponderoso rapporto di quasi 500 pagine, il Jobs Study, che sarà la base delle concezioni anche attuali di come governare il mercato del lavoro. I punti essenziali erano che le politiche macroeconomiche non servono per aumentare loccupazione, che si debbano eliminare protezioni contro i licenziamenti, che la contrattazione devessere strutturata in modo da consentire la flessibilità dei salari verso il basso. Ma qualche anno dopo la congiuntura favorevole generò un forte aumento delloccupazione: tra il 97 e il 2001 in Europa si crearono oltre 10 milioni di nuovi posti.
Così, nel rapporto sulle prospettive delloccupazione del 1999 la prospettiva cambia radicalmente. In generale, vi si dice, i paesi europei hanno mantenuto lo stesso livello di protezione del lavoro, anzi la quasi totalità dei paesi ha imposto vincoli aggiuntivi alle imprese nei casi di licenziamenti collettivi.I confronti internazionali suggeriscono che il livello di protezione delloccupazione ha effetti scarsi se non nulli sui livelli di disoccupazione globale, mentre può averne piuttosto sulla sua composizione demografica (
) Le analisi statistiche, basate sulle regressioni, confermano che la protezione delloccupazione può avere un effetto positivo sul tasso di occupazione dei lavoratori più anziani, senza comportare effetti negativi sugli altri gruppi.
Oggi lOcse sembra aver dimenticato quella sua analisi, per tornare indietro a quella del 94. E successo qualcosa che ha fatto cambiare nuovamente idea? Sembra vero il contrario. Come si sa, oggi il solo paese che può vantare una disoccupazione inferiore (seppur di poco) ai livelli pre-crisi è la Germania, campione del modello sociale europeo, mentre gli Usa, campioni della massima flessibilità di lavoro e salari, ne sopportano ancora un tasso quasi doppio rispetto al 2007.
Queste esternazioni, dunque, si potrebbero definire le ricette separate dai fatti. Peccato che poi i fatti continuino a chiedere il conto, un conto molto salato.
Draghi e Ocse, le ricette separate dai fatti
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