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Dov’è finita la grande CISL?

Dove è finita la grande Cisl? Se lo chiedono in molti davanti alle ripetute esternazioni del nuovo segretario generale Raffaele Bonanni. A far riflettere è il tasso di populismo delle sue dichiarazioni ma soprattutto l’ aver creato de facto un inedito asse tra il sindacato «bianco» e i «rossi» di Rifondazione Comunista. È sin troppo facile ricordare come la storia della Cisl abbia segnato profondamente le relazioni industriali italiane tanto che nella maggior parte dei casi, quando c’ è stata reale innovazione della prassi e dei comportamenti, l’ ispirazione di partenza veniva proprio dai dirigenti sindacali cislini capaci di osare e non solo di gestire la rendita di posizione. Ora questo primato delle idee sembra tramontato e ci si limita a gestire mediaticamente il mugugno e l’ eventuale protesta. E francamente non si vede quale sia il progetto di fondo della nuova Cisl, dove la nuova leadership voglia veramente andare a parare. Anche i predecessori di Bonanni avevano adottato una politica di movimento, ma un disegno ce l’ avevano. Sergio D’ Antoni puntava al sindacato unitario, Savino Pezzotta aveva come bussola la competizione con la Cgil per il primato, persino degli iscritti. Tocca quindi a Bonanni spingersi sul terreno progettuale valorizzando la tradizione Cisl di autonomia dalla politica e di innovazione contrattuale. La riforma delle relazioni industriali per far ripartire la produttività del lavoro è forse il primo compito.

Fonte: Il Cofriere della Sera del 18 settembre 2006

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