• mercoledì , 25 Dicembre 2024

Doppio esame per la Stabilita’

Bruxelles attende di completare l’esame della manovra italiana. Occhio a conti/coperture, nonché alla compatibilità della strategie con le raccomandazioni Ue. Il Summit dei 28 suona la carica per Unione bancaria e piano occupazione giovanile.
Ancora silenzio pesante sulla Legge di Stabilità. Tutte le fonti europee spiegano che il testo giunto martedì notte a Bruxelles a Roma non era definitivo e che, da mercoledì mattina, i dettagli del piano contabile e macroeconomico messo a punto dal governo Letta non hanno smesso di arrivare. «Mancano ancora delle informazioni necessarie per fare anche una prima valutazione completa», spiegano nei palazzi istituzionali. Due sono comunque le cose che gli uomini del commissario Olli Rehn vogliono subito verificare: la credibilità delle cifre con relative coperture; la compatibilità del quadro con le raccomandazioni definite a fine giugno con l’assenso di Roma. Doppio esame, insomma. Uno di quelli che, come da copione, non finiscono mai.
L’unica certezza è che nell’entourage del finlandese che guida l’economia europea si tende a non dare alcuna importanza ai titoloni che si leggono sui giornale della penisola. «Non c’é ancora un giudizio», è la litania di Palazzo Berlaymont. Tuttavia l’idea che si possa arrivare ad una riduzione del cuneo fiscale, dunque un passo che riduca il peso impositivo sul lavoro, compensa la freddezza con cui a Bruxelles in genere si accolgono le nuove tasse sui consumi. La nuova Trise potrebbe aiutare. «Se in effetti si sposta il peso fiscale dal reddito agli immobili è un passo nella giusta direzione», sottolinea una fonte. Da verificare l’impianto contabile. Il deficit sotto il 3 per cento pare assodato, però occorre vedere se l’obiettivo è bilanciato da giusti tagli e entrate. E’ un equilibrio sottile e complesso.
La discesa dello spread indica che almeno i mercati danno fiducia al governo. E’ un passo cruciale perché la riduzione del costo dell’incredibile debito nazionale crea le premesse per liberare le risorse necessarie a cavalcare – e alimentare se possibile – la ripresina che l’Italia si trova davanti nell’agenda dei prossimi mesi. Le possibilità a livello europeo ci sono, assicura la bozza di conclusioni del vertice Ue in programma il 24 e il 25 ottobre a Bruxelles. Si guarda ad esempio alla necessità di investire della formazione tecnologia dei cittadini europei: «Nel 2015 – si legge nel testo – ci saranno in Europa 900 mila posti vacanti nel settore delle tecnologie dell’informazione, circostanza che danneggia i nostri obiettivi economici e sociali».
L’Ue è in ambasce per la situazione occupazione., Vuol rispondere con investimenti concertati nei settori strategici – comunicazioni ed energia, ad esempio -, come con un rafforzamento della governance che favorisca il diffondersi della fiducia. Qui entra in gioco l’Unione bancaria, il progetto che si intende come cura preventiva e successiva per le crisi bancarie, così da imparare la lezione della tempesta (e la doppia recessione) in cui la finanza allegra ci ha fatto tuffare dal 2008.
La bozza di conclusioni insegue un linguaggio determinato. Ricorda l’importanza degli stress test che attendono le banche e chiede all’eurogruppo di «accordarsi sulle linee guida per la diretta ricapitalizzazione (degli istituti di crediti) ad opera dell’Esm (il fondo salvastati). Entro l’anno si richiede inoltre «di raggiungere un accordo di principio» sul meccanismo di risoluzione (il gestore delle crisi) in modo da chiuderlo entro primavera. la Germania, sinora, ha frenato. Vediamo se al tavolo del vertice, la Merkel si farà portare a più miti consigli.
Il lavoro, infine. E l’esigenza di andare oltre le parole. In giugno i leader dell’Ue hanno varato un’iniziativa per il lavoro giovanile da 6 miliardi e si sono impegnati a lanciare uno Schema di garanzia che prevede l’offerta di una opportunità di lavoro, o di formazione, entro quattro mesi dal diploma o dalla perdita dell’occupazione. La bozza del vertice chiede «una rapida implementazione» del piano di cui non si hanno concrete notizie da tempo. La paura che sia tutto un fuoco di paglia, come accaduto col pacchetto del 2012, non è ancora fugata.

Fonte: La Stampa del 18 ottobre 2013

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