• sabato , 23 Novembre 2024

Diplomazia Usa, team al femminile

Le nomine Obama completa la sua squadra di politica estera con due nomi di punta ma controversi.La scelta Il presidente ha scelto donne dal temperamento forte per le due posizioni chiaveSusan Rice va alla Sicurezza, la Power ambasciatore all’Onu
La voce circolava da tempo, ma i think tank di Washington specializzati in affari internazionali non le davano troppo credito. «Susan Rice a guidare la politica estera della Casa Bianca? No, vorrebbe dire scontro frontale coi repubblicani, sarebbe come riaccendere l’incendio di Bengasi: Susan non aveva colpe, ma le sono state date informazioni sbagliate sulle circostanze dell’assassinio dell’ambasciatore Stevens da parte dei terroristi. E con le sue dichiarazioni è diventata la figura simbolo di quel caso difficile. Lei, poi, è una in gamba, ma poco diplomatica, entra spesso a gamba tesa».E invece Barack Obama ha smentito queste previsioni. Costretto cinque mesi fa da una rivolta del Congresso a rinunciare alla nomina di Susan Rice, da lui scelta per succedere a Hillary Clinton come Segretario di Stato, il presidente degli Stati Uniti ha deciso ora di richiamare al suo fianco l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu. Lo stesso Obama ieri, nell’annunciare la sua nomina a capo del Consiglio per la sicurezza nazionale al posto di Tom Donilon, ha presentato la 48enne americana di origine giamaicana come un personaggio «appassionato e pragmatico, una patriota tosta, che non ha paura, ma che sa anche come guidare una squadra».A sostituirla all’Onu va un’altra donna che in passato ha fatto molto parlare di sé: quella Samantha Power ragazza-prodigio del giornalismo (vinse anche un premio Pulitzer con un libro sui genocidi) che ha lavorato a fianco di Obama fin dalla campagna elettorale del 2008 e che, in un incidente rimasto famoso, parlò di Hillary Clinton (allora in lotta con Obama per la nomination democratica) come di una strega. Entrata nel team di politica estera della Casa Bianca e molto impegnata, come Susan Rice, nelle battaglie a difesa dei diritti umani, la Power ? un’irlandese trasferitasi con la sua famiglia negli Usa quando era ancora una bambina ? è considerata la voce che, assieme a Hillary Clinton e alla stessa Susan Rice, ha convinto Obama a impegnarsi nella campagna di Libia a sostegno dei ribelli e per il rovesciamento del regime di Gheddafi.Scelta coraggiosa ? qualcuno dice azzardata ? quella di Obama: mette due donne dal temperamento molto forte e assai poco diplomatiche in posizioni chiave della politica estera americana. Dimostra grande lealtà nei confronti di Susan Rice, parzialmente indennizzata per la mancata nomina a ministro degli Esteri. Susan merita sicuramente l’incarico non solo perché è stata consigliere di Obama fin dalla sua prima campagna elettorale per la Casa Bianca, ma anche per la sua competenza: una vasta esperienza che risale agli anni della presidenza di Bill Clinton che la volle nel Consiglio per la sicurezza nazionale e poi assistente speciale del presidente per l’Africa. Qualcuno, però, si chiede cosa significherà per la politica estera Usa l’arrivo di un personaggio dal temperamento così forte a fianco del presidente, visti i rapporti già problematici tra Casa Bianca e Dipartimento di Stato. Divergenze fin qui rimaste sottotraccia grazie all’autorevolezza di Hillary Clinton, ma che rischiano di riemergere ora che a capo della diplomazia Usa è arrivato un John Kerry più imposto dal Congresso che scelto spontaneamente dal presidente.Qualche strascico potrebbe lasciarlo anche l’uscita di scena di Donilon: aveva detto da tempo di considerare esaurita la sua missione alla Casa Bianca e ieri ha spiegato di essere rimasto qualche mese più del previsto per non creare altri problemi nel momento in cui tanto il Dipartimento di Stato quanto il Pentagono erano impegnati nella transizione tra vecchi e nuovi inquilini (Chuck Hagel al posto di Leon Panetta nel caso della Difesa). Ma la rivista Foreign Policy tempo fa aveva dedicato a Donilon un ruvido ritratto: ne veniva fuori l’immagine di un diplomatico tanto duttile nei rapporti esterni quanto inflessibile col suo team. Duro fino al punto di mettersi in rotta di collisione col resto del Consiglio, a cominciare dal suo vice, Denis McDonough, ora diventato Capo di gabinetto della Casa Bianca.

Fonte: Corriere della Sera del 6 giugno 2013

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