• mercoledì , 27 Novembre 2024

Difendersi dal “contagio” greco con rigore, riforme e stabilità

Per la Grecia si avvicina il momento della verità. Anche gli analisti economici meno pessimisti, quelli che per settimane hanno sostenuto come la solidarietà europea e internazionale avrebbero impedito il tracollo della Grecia, ora incominciano ad avanzare seri dubbi circa la possibilità che la Repubblica Ellenica riesca a mantenere in equilibrio la situazione politico-sociale interna e la solvibilità estera. Ieri Moody’s ha tagliato nuovamente il rating di Atene,valutando la possibilità reale di un default a causa di un debitosostanzialmente «fuori controllo».
Decisioni su un nuovo programma di
aiuti straordinari sono state rinviate auna riunione dell’Eurogruppo chepotrebbe tenersi lunedì prossimoDecisioni su un nuovo programma di aiuti straordinari sono state rinviate ad un’eventuale riunione dell’Eurogruppo che forse si terrebbe il 6 giugno.
Da ora ad allora, gli scenari che si prospettano vanno dall’ipotesi di una ristrutturazione del debito analoga a quella effettuata da Paesi in via di sviluppo, a una dichiarazione di fallimento simile a quella fatta dall’Islanda, fino all’uscita dall’unione monetaria con il ritorno alla Dracma. A questo punto diventa opportuno chiedersi: ci saranno implicazioni negative per l’Italia? Che cosa fare per minimizzarle.
Il contagio pare inevitabile. Un lavoro del Center of European Policy Research, ne indica le ragioni. In sintesi, in un’unione monetaria le banche centrali hanno interesse a diversificare le proprie riserve in debito sovrano di altri Paesi dell’area: ma se da un lato la diversificazione riduce i rischi, dall’altro porta il bacillo del contagio.
John Whittaker dell’Università di Lancaster ha studiato la rete di transazioni ufficiali pubbliche all’interno del sistema europeo: sino al dicembre 2010 la sola Banca centrale tedesca si era esposta per 325 miliardi di euro per venire in aiuto ad altre banche centrali dell’Eurozona; mentre le banche private di Francia e Germania hanno investito alla grande, attratte dai differenziali dei tassi d’interesse, in obbligazioni sovrane che oggi vengono trattate con uno sconto di circa un terzo del loro valore nominale.
Qual è la situazione specifica dell’Italia? Da un canto il nostro Paese si presenta più fragile di altri, a ragione dell’elevato debito pubblico, dell’economia in ristagno e del quadro politico incerto. Da un altro, su un totale di 87 miliardi di euro di riserve, meno dell’1% sono collocate in titoli greci. Secondo l’Abi e la Banca per i regolamenti internazionali, gli istituti di credito italiani sono poco o per nulla esposti nei confronti della Grecia, nonostante gli incentivi della Repubblica Ellenica ad aprire sportelli e a finanziare imprese e investimenti del Paese.
In breve, il contagio finanziario sarebbe verosimilmente di portata molto modesta, ma i suoi effetti potrebbero essere amplificati dalla situazione dei nostri conti pubblici, dall’andamento lento dell’economia reale e dalle fibrillazioni politiche. In particolare nello scenario peggiore, con l’uscita della Grecia dell’area dell’euro e il rischio di uno smottamento dell’Unione monetaria. È anche questo che ha indottogli analisti di Standard & Poor’s a rivedere al ribasso il giudizio sulle prospettive del nostro debito.
Per limitare i danni si possono considerare due strategie parallele, una in sede europea e una al nostro interno. A livello europeo la strada da battere è quella di convincere i nostri partner e la Banca centrale a effettuare al più presto un allungamento delle scadenze del debito greco. Il “riscadenzamento” dovrebbe essere garantito da attività reali (imprese a partecipazioni statali e simili) e attuato sotto la vigilanza europea. Si tratterebbe, in pratica, di porre la Grecia in “amministrazione controllata”. Una soluzione della quale Atene avrebbe poco di che dirsi orgogliosa, ma ben più tollerabile dell’eventualità di dover portare i libri in tribunale o, peggio, di essere accusati di bancarotta fraudolenta. Queste misure avrebbero l’effetto di rassicurare i mercati nei confronti dell’intera Eurozona.
Sotto il profilo interno, invece, all’Italia non basterà mantenere dritta la barra della finanza pubblica, ma per mettersi al riparo dalle turbolenze dovrà avviare iniziative per rilanciare produttività e crescita, varando misure micro-economiche che potrebbero essere parte di un nuovo e più ampio «patto sociale» per lo sviluppo. Fibrillazioni politiche permettendo

Fonte: Avvenire del 2 giugno 2011

Articoli dell'autore

Commenti disabilitati.