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Dieci mosse per salvare l’Italia da un’altra tempesta perfetta

Agenzie di rating pronte a declassarci: solo il governissimo Pd-Pdl può rassicurare un’Europa ancora incapace di difendere gli Stati membri dagli attacchi finanziari.
Che razza di unione è mai questa, con un euro incapace di affrontare gli squilibri nazionali? Allergica alla democrazia, indecisa di fronte alle crisi, che non ha voluto dotarsi di una banca centrale degna di questo nome. Con un’architettura istituzionale di questo genere, l’euro che moneta è? Basta che a un paese dell’Eurozona venga un raffreddore finanziario e tutti a correre ai ripari per evitare il contagio.
La cura è sempre la stessa: demonizzazione dei governi, antibiotici e salassi. A prescindere dalle responsabilità.
A Il problema non è l’Italia, ma l’Europa. La reattività insufficiente è il vero punto debole: l’Ue ha risposto male e tardi alle ondate speculative. Non abbiamo ancora posto rimedio a un sistema che, dopo aver creato la moneta unica, non ha fatto le scelte conseguenti perché questa potesse funzionare.
B Non è l’Italia che blocca le quattro unioni (bancaria, economica, di bilancio e politica). Il problema è creare la vera integrazione in Europa e non si risolverà fino a quando la Commissione europea rimarrà burocratica e impotente; fino a quando il Parlamento europeo sarà in campagna elettorale per le elezioni del 2014. Sarà in grado lo scudo Bce di garantire stabilità sui mercati?
C Il problema non è lo spread. L’asta dei Btp decennali due giorni dopo il verdetto delle urne è andata meglio del previsto. Con questa Europa il pericolo viene dalle agenzie di rating. Qualora nei prossimi giorni o settimane convergessero su un downgrade, si potrebbe verificare un nuovo inizio di tempesta perfetta, come nell’estate del 2011.
D A rischio è il sistema bancario, più che i titoli di Stato. Un eventuale downgrade dei titoli del debito pubblico italiano ripiomberebbe le banche in ulteriori gravi sofferenze (rispetto a quelle già in atto), con relativi effetti sull’economia reale, in termini di credit crunch: minore liquidità e a prezzi più alti. Nell’ultima settimana i titoli che hanno perso maggiormente a piazza Affari sono stati proprio i bancari.
E Lo spettro del credit crunch rappresenta un’ulteriore iattura. Nel 2012 l’economia reale ha chiuso fortemente in negativo. Pil -2,4%; rapporto deficit/Pil: -3%; debito/Pil al 127% e disoccupazione record all’11,7%. I mercati non possono aver fiducia in un paese ridotto così. Con questi fondamentali non è più neppure credibile la ripresa prevista per la seconda metà dell’anno. Unico dato positivo è che l’incertezza italiana ha portato giù il cambio dpositiva per quanto riguarda il settore dell’export, unico debole volano dell’economia.
F Paradossalmente i conti pubblici sono a posto. Ma in un paese che non cresce, i conti in ordine servono a ben poco. O, meglio, durano ben poco. Basta il minimo shock per far saltare tutto. Analizziamoli comunque: il deficit corretto per l’andamento del ciclo dovrebbe attestarsi, per l’anno in corso, al -0,2% del Pil. Per la Commissione europea, siamo addirittura a -0,1%, quindi all’interno della forchetta, prevista dal fiscal compact, che prevede un range compreso tra 0 e -0,5%. Il deficit nominale non desta preoccupazioni. Il 2012 si è chiuso con un deficit del 2,9%. Per il 2013 la Commissione europea prevede un ulteriore contenimento al 2,1%. Le incognite riguardano le nuove spese. Vi sono tuttavia notevoli possibilità di risparmi (circa 7 o 8 miliardi) derivanti dalla minor spesa potenziale per gli interessi. Ma tutto ciò dipende dall’andamento degli spread e quindi dalla governabilità. Si può infine operare sul debito pubblico per risolvere il problema dei pagamenti alle imprese, che rappresentano la crisi più acuta della situazione italiana. Tutto appeso, però, a un filo: quello della ripresa economica. Senza ripresa economica anche gli equilibri di finanza pubblica saltano.
G Per tutte le ragioni sopra esposte occorre far presto con il nuovo governo forte, responsabile, capace di imporre all’Ue un cambiamento di politica economica, nel senso della crescita e dello sviluppo. Non c’è tempo da perdere. Le forze politiche responsabili comincino a dare da subito, già da oggi, le risposte che il paese si aspetta. Bersani rifletta! Altro che green economy, altro che scouting di grillini, altro che governo di minoranza!
H Grillo chiede un referendum sull’euro. Non dice che si debba uscirne subito, ma che a decidere debba essere il popolo. Ebbene: un governo che si reggesse con i voti di Grillo come potrebbe, in caso di necessità, negoziare lo scudo europeo? Ma c’è di più: proprio perché tutti conoscono questa situazione, nel momento stesso in cui quella forza parlamentare prevalesse ci troveremmo al centro di un attacco speculativo, mirante esattamente a verificare la possibilità che lo scudo sia negoziato e adottato. Sarebbe un pericolo per noi, per l’euro e, quindi, per la Ue.
I Ma il problema non è solo questo, perché la proposta di Bersani, vale a dire l’ipotesi che il capo dello Stato nomini un governo senza avere la ragionevole convinzione che esso sia in grado di ottenere la fiducia, costituirebbe una «grave scorrettezza» costituzionale. Come precedente ricordiamo la nomina del governo Andreotti nel febbraio del 1972. In quell’occasione l’esecutivo non ottenne la fiducia iniziale, ma, poiché ormai in carica, rimase a svolgere gli affari correnti fino allo svolgimento delle elezioni. Ciò non impedì al governo di adottare due decreti legge e procedere a numerose nomine di alti dirigenti. La situazione di oggi è ulteriormente aggravata dal fatto che l’attuale presidente della Repubblica non avrebbe nemmeno l’arma dello scioglimento, per cui un governo che non ottenesse la fiducia iniziale potrebbe stare in carica ancora più a lungo.
J Con riferimento alla possibilità di governi di minoranza, il rischio di fallimento dell’operazione è molto grande. Contare su una fiducia «minoritaria» senza avere un accordo politico che assicuri il numero legale e l’astensione (o uscita dall’aula) è altamente discutibile sul piano della correttezza costituzionale e esporrebbe il presidente della Repubblica al rischio di una grave forzatura.
Fin qui l’analisi. Che fare, quindi? Data la «precarietà» cui la debolezza della moneta unica espone l’Europa dobbiamo accelerare il procedimento di convocazione del Parlamento e affrontare i passaggi istituzionali che ne seguono. Tocca a Pdl e Pd, quali protagonisti dell’ultima stagione politica e coalizioni più votate assumere l’iniziativa. Non è tempo e non c’è tempo per le trovate manovriere. Siamo tenuti ad adempiere un dovere. E siamo tenuti a farlo con urgenza. La parola al presidente Napolitano.

Fonte: Il Giornale del 4 marzo 2013

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