Sempre più diffusi in case di riposo e ospedali.Profezie Scrittori visionari come Asimov avevano predetto l’era degli automi, ma finora erano stati usati solo dall’ industria o dai militari. «Autom» se ne sta appollaiato sulla credenza della cucina. Mi chiede cosa ho mangiato, calcola quante calorie ho assorbito. Poi, visto che sono indietro col programma di esercizio fisico, chiede con tono garbato e quegli strani occhi penetranti, benché meccanici, se non sarei disposto a fare un pò di ginnastica supplementare. Paro, un cucciolo di foca in peluche zeppo di sensori, si comporta come un animale vivo: quando lo accarezzi chiude gli occhi, si inarca, emette gorgoglii di piacere. Paro ieri è finito sulla prima pagina del New York Times non perché sia una novità assoluta – è un robot costruito in Giappone e venduto da alcuni mesi al prezzo di 6.000 dollari – ma perché questi piccoli animali meccanici stanno diventando una presenza abituale in molti ospizi e nei centri per ex combattenti che si riprendono dalle ferite di guerra. Il candido animaletto, che sembra essere molto gradito soprattutto dalle persone affette da demenza senile, è uno dei primi esempi di robot che entrano nella nostra vita in modo percepibile. Annunciata da scrittori visionari come Isaac Asimov, dai film di fantascienza degli anni ‘ 50 e, poi, dagli stessi scienziati dell’ era elettronica, ci siamo preparati per decenni all’ ineluttabilità di un’ era dei robot che, in realtà, non è mai arrivata. O meglio: i robot sono arrivati nei campi di battaglia – in Iraq e Afghanistan ce ne sono migliaia tra artificieri meccanici che sminano le strade, aerei senza pilota e «fanti digitali» in grado di individuare e colpire un bersaglio -, nelle catene di montaggio delle fabbriche di auto, in qualche sala operatoria dove il bisturi è guidato da un braccio meccanico, ma non nei luoghi in cui viviamo: il cameriere con le antenne girevoli al posto delle orecchie che doveva servirci a tavola è rimasto (fortunatamente) negli sceneggiati televisivi in bianco e nero di mezzo secolo fa. Ora, dopo qualche timida avanguardia – Aibo, il cane robot messo in commercio dalla Sony qualche anno fa o Roomba l’ aspirapolvere che gira in casa a caccia di sporcizia – i prodotti dell’ intelligenza artificiale cominciano davvero ad entrare nelle nostre vite. E, come era prevedibile, con loro, oltre ai dubbi sulla reale utilità, arrivano anche i quesiti etici. In campo militare se ne discute da tempo. Almeno da quando, un anno e mezzo fa, P.W. Siger, uno studioso della Brookings Institution, sollevò tre ordini di problemi nel suo saggio Wired for War: le ridotte perdite di militari in carne e ossa derivanti dall’ uso di soldati meccanici possono far cadere le barriere che oggi frenano l’ accendersi di nuovi conflitti; chi attacca coi robot evitando lo scontro uomo contro uomo viene percepito dall’ avversario come sleale, attira su di sé un supplemento di ostilità; oggi i robot militari – ad esempio i «droni» che volano sull’ Afghanistan – sono in realtà guidati da piloti lontani dal teatro di battaglia, ma la tendenza è quella a sviluppare armi superintelligenti capaci di decidere autonomamente se e chi attaccare. La disponibilità di tecnologie sempre più raffinate e la capacità del nemico di interrompere i collegamenti tra l’ arma e i suoi centri di controllo remoto non possono che spingere sempre di più in questa inquietante direzione. I robot domestici, delle case di riposo e degli ospedali non ci pongono davanti a scelte altrettanto drammatiche, ma le implicazioni etiche, gli interrogativi sul futuro delle nostre civiltà sono ugualmente profondi. Paro è un aiuto per l’ anziano o un alibi che giustifica il suo abbandono da parte del parente o dell’ amico che l’ ha fin qui assistito? I gestori delle case di riposo sostengono che l’ animaletto meccanico stimola l’ attenzione degli anziani, migliora la loro interazione col mondo esterno, li rende più socievoli. Un coadiuvante, insomma. Ma la fochetta da 6.000 dollari che fa le coccole è, comunque, una cosa per pochi. «Non è bello, lo so, ma è l’ evoluzione inevitabile della nostra società», dice il futurologo Paul Saffo. «Dai robot alla costosissima medicina biotech, andiamo verso un mondo in cui la distanza tra ricchi e poveri non sarà solo economica: potrebbero addirittura diventare due specie diverse». Massimo Gaggi RIPRODUZIONE RISERVATA **** Nell’ esercito In servizio Da anni gli eserciti di molti Paesi utilizzano modelli di automi meccanici capaci di muoversi su qualsiasi terreno o anche di volare Protezione Sopra, un robot Usa capace di disinnescare un ordigno. Esistono droni volanti controllati da migliaia di chilometri di distanza in grado di attaccare con missili i nemici
Fonte: Corriere della Sera del 6 luglio 2010Dalle guerre agli anziani la nuova frontiera dei robot
L'autore: Massimo Gaggi
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