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D’Alema-2, un New Deal all’amatriciana

E’ bastata una manciata di giorni per capire che il prezzo della svolta operaista consumatasi al congresso Ds è, purtroppo, il ritorno al vecchio assistenzialismo di Stato. Pratica già nefasta in tempi normali, figurarsi ora che la Sinistra si appresta a governare l’interminabile campagna elettorale che ci separa dalla fine della legislatura. Una dimostrazione più che esemplare viene dalle prime decisioni che il governo si appresta ad assumere su Cassa integrazione e pensioni, due cardini del cosiddetto “Stato sociale”.

Non occorre andare molto indietro nel tempo per ricordare che la riforma della Cassa integrazione era uno dei capitoli che avrebbero dovuto riempire l’agenda della trattativa tra governo e sindacati del mese di gennaio. Prima la crisi di Governo, poi i referendum radicali hanno cambiato un po’ l’ordine del giorno, ma inizialmente l’idea di D’Alema, nel D’Alema-1, era che lo Stato avrebbe dovuto tagliare i rami secchi dello Stato sociale per alleggerire contestualmente il peso dei fisco sui contribuenti e le imprese e così rendere conveniente creare occupazione. Come dire, meno spese, meno tasse, più lavoro.

Invece, nel frattempo c’è stato il Lingotto e la ritrovata unità di D’Alema, Veltroni e Cofferati su una piattaforma di un new Deal assistenziale che, se permetterà ad ognuno di loro di mantenere la poltrona e quietare il partito, avrà però effetti disastrosi per i conti pubblici. Al congresso è stato infatti deciso di aumentare la spesa sociale di ben 1200 miliardi solo quest’anno. Ed a soli quattro giorni dal congresso, il Governo è riuscito a tradurre i nuovi orientamenti congressuali in un provvedimento con il quale , al prossimo consiglio dei ministri, si deciderà di utilizzare i profitti dell’industria di Stato, Enel, Eni ed Iri in particolare, per pagare l’aumento della cassa integrazione e dei sussidi ai disoccupati. Un addio di fatto alle privatizzazioni. Come ai tempi delle Partecipazioni Statali e della vecchia Dc.

Un “incidente”? No, è il senso della svolta economica del Congresso Ds, dove, in verità, di economia si è discusso poco e male. Nel senso che D’Alema, Veltroni e Cofferati hanno dedicato ben poco dei loro interventi a chiarire in cosa consiste il riformismo di cui parlano, specialmente quando dicono di interpretarlo alla luce delle libertà di mercato e contro i protezionismi, in difesa dell’iniziativa privata contro lo statalismo. Ed il motivo è che, se l’operaismo di Cofferati ha spostato il baricentro del congresso a sinistra e verso la rappresentanza politica dei ceti sociali ed imprenditoriali tradizionali, ( nonostante l’industria arretri e la classe operaia come ricorda Antonio Fazio è ormai solo il 37% dei lavoratori), come potevano D’Alema e Veltroni interpretare la lezione liberista e innovativa senza vedersi assalire dai due mila e passa delegati al congresso?

E così è stato: non solo hanno rinunciato a manifestare liberismo, cosa cui evidentemente credono solo nei giorni di festa, ma hanno ostentatamente ricominciato a professare socialismo, dandone subito la dimostrazione sul secondo versante economico, quello della previdenza. In questo caso è stato lo stesso D’Alema, ma nel D’Alema-2, a comunicare al Paese dal palco congressuale, che la riforma delle pensioni si farà, d’intesa con i sindacati, nei tempi dovuti, cioè nel 2001, ma – attenzione, ecco la novità – non per ridurre il debito pubblico o la pressione del fisco, come ai tempi del D’Alema-1, ma per aumentare le spese assistenziali che sono il cardine dello Stato sociale. Sicchè, la reticenza economica al congresso diventa confessione all’intero Paese. I Ds ed il loro Governo confessano, cioè, che le privatizzazioni lasciano il passo al ripristino delle partecipazioni statali, vecchia vacca da mungere per necessità assistenziali; e che la riforma delle pensioni non servirà più a ridurre le spese ,per ridurre le imposte, come Banca d’Italia, Fmi, Ocse e Europa ci chiedono da anni se vogliamo davvero rilanciare l’occupazione, ma per sostenere i redditi ed aumentare le spese; non andranno ad investimenti ma ad assistenza. Un New Deal dal sapore casereccio; più che di Roosvelt sa di amatriciana.

Fonte: tratto da: "Il Giornale" del 22 gennaio 2000

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