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Dal microcredito al “mutuo soccorso” così si difende il popolo delle partite Iva

Ma denunciano: ormai stiamo passando al «terziario arrangiato» Problemi strutturali I problemi non sono figli della recessione ma sono strutturali La crisi però li ha acuiti.
«Stiamo passando dal terziario avanzato al terziario arrangiato». E’ questa la battutaccia, amara come il fiele, che spopola tra i consulenti a partita Iva, che passato il test delle prime settimane di settembre stanno cercando di capire cosa ne sarà della loro attività. La situazione di mercato si presenta difficile e l’ abolizione del cosiddetto forfettone, il regime dei contributi minimi che sotto i 30 mila euro di fatturato fissava al 20% il prelievo Irpef ma esentava da Irap e Iva, sta creando profondo disagio. Anche perché il nuovo regime agevolato per chi ha meno di 35 anni non si sa ancora bene come funzioni e fioriscono le interpretazioni metropolitane. Al di là delle singole voci della manovra l’ impressione generale è che il terziario italiano, basato sulla consulenza diffusa, ne esca rimpicciolito. Perché se è vero che la Pubblica amministrazione va risanata è altrettanto chiaro che lo Stato non ha in casa tutte le competenze e spesso spostare i dipendenti da una scrivania all’ altra si rivela un’ operazione a somma zero. E’ chiaro che discorsi come questo hanno larga audience tra il popolo della consulenza, specie tra chi lavora o lavorava per la Pubblica amministrazione. Lo Stato ha amputato l’ 80% delle consulenze e si sono comportati allo stesso modo anche gli enti locali. Dovendo tagliare è più facile colpire gli outsider, quelli che stanno fuori dal perimetro delle garanzie rispetto agli insider, a chi comunque sta dentro ed è difeso dai sindacati. Come non bastasse, la Pubblica amministrazione ha già scaricato l’ aumento dell’ Iva al 21% sui fornitori e in parallelo ha ridotto gli onorari. I settori più colpiti sono quelli dei consulenti alle politiche pubbliche, della formazione, della comunicazione/pubblicità e persino l’ informatica che pure era data in ripresa. Anche per le partite Iva che lavorano per le aziende private la stagione 2011-2012 si è aperta malissimo. Meglio tagliare i consulenti che ridurre il personale dipendente, è la massima che le imprese hanno messo in atto e l’ effetto sulle attività degli outsider è stato deflagrante. Non ci sono numeri precisi perché quando si parla di partite Iva le statistiche cedono il passo alle sensazioni e quindi non sappiamo in quanti siano andati fuori mercato già in queste settimane. Diciamo molti, mentre moltissimi hanno visto ridurre il proprio fatturato anche dell’ 80%. Se il settembre del business per le partite Iva è stato gelido, è interessante capire quali siano le strategie difensive che i singoli e le associazioni della partite Iva pensano di mettere in atto. In cosa consiste il «terziario arrangiato». La strada che in diversi stanno percorrendo è quella di rispecializzarsi per presentarsi sul mercato più forti, più caratterizzati, diremmo «brandizzati». In qualche caso vuol dire mixare competenze tecnico-scientifiche con altre conoscenze o passioni magari artistiche: c’ è chi offre sul mercato corsi di formazione «contaminati» con il ballo. Accanto a fenomeni di innovazione le strategie di autodifesa passano anche per il recupero del patrimonio di famiglia magari in conseguenza di una eredità. Chi aveva una cascina punta su un agriturismo rivisitato con la cultura della comunicazione, chi non ha più i figli in casa segue l’ onda del bed and breakfast . A Milano si racconta di partite Iva del terziario avanzato che hanno aperto attività di massaggi shiatsu o piccole palestre. E’ chiaro che stiamo parlando di singoli casi, di storie che si sentono raccontare all’ ora dell’ aperitivo o al coffee break dei convegni ma indicano una tendenza al fai-da-te. Dal progetto alla nicchia. Accanto alle strategie individuali di difesa ci sono le azioni messe in campo dalle associazioni del terziario avanzato e delle partite Iva. La prima è quella che punta ad aprire l’ accesso al microcredito. Acta, l’ associazione presieduta da Anna Soru, sta sviluppando su Milano contatti con le fondazioni proprio con questo obiettivo. E la stessa richiesta sta per partire nei confronti della Regione Lombardia. Il microcredito serve per affrontare situazioni di particolare disagio dell’ attività lavorativa, ad esempio quando bisogna pagare l’ Inps in anticipo rispetto all’ incasso delle fatture emesse. Un accesso al credito ordinario evidentemente per una partita Iva in un momento di aumento del costo dei prestiti si presenta proibitivo e allora si batte la via di Yunus. «Noi non abbiamo come gli artigiani lo strumento dei Confidi – commenta Anna Soru -. Forse dovremmo porci un obiettivo di questo tipo ma i tempi non possono essere brevi e la crisi galoppa». Un aiuto dal mediocredito può servire ad hoc per quelle piccole riconversioni professionali tipo dalla comunicazione al bed and breakfast o anche per tentare un salto e mettere in piedi una società. Un altro tema al centro della riflessione di chi si sforza di dare rappresentanza alle partite Iva riguarda i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione. Ormai stimati attorno ai 6 mesi. Sempre Acta con un’ iniziativa pilota ha chiesto al Comune di Milano di adottare termini di pagamento meno penalizzanti e quindi nell’ ordine dei 30 giorni. La richiesta è stata avanzata al nuovo assessore alle Attività produttive, Franco D’ Alfonso e si attende una risposta. Anche in una città dove l’ iniziativa privata tutto sommato abbonda, il Comune e le sue partecipate sono una realtà economica importante e quindi un orientamento della giunta Pisapia di maggior rispetto dei tempi di pagamento avrebbe sicuramente un valore simbolico (gli addetti ai lavori parlando di benchmark) per le partite Iva del Nord. Il terzo punto del modello difensivo per le partite Iva al tempo della manovra riguarda il welfare. Oggi un consulente versa all’ Inps lo 0,72% del fatturato per coprire la maternità e la malattia ospedalizzata. L’ idea che si sta accarezzando è ridurre il versamento all’ Inps allo 0,2-0,3 a fronte della copertura della sola maternità e versare invece una quota più alta (mettiamo l’ 1%) a una società di mutuo soccorso collegata con una compagnia di assicurazione in maniera di coprire sia i ricoveri ospedalieri sia le malattie che si possono curare in casa. «Sia chiaro stiamo parlando di malattie di un certo rilievo, non dei 3-4 giorni dell’ influenza. Oggi accade che se una partita Iva è colpita da un tumore l’ Inps le riconosce solo i giorni che passa in ospedale – dice Soru di Acta -. Noi invece vorremo creare una maggiore tutela a fronte di un versamento più cospicuo che non vada però a finire nel calderone dell’ Inps». E’ chiaro che problemi come quello della copertura dei giorni di malattia non sono figli della recessione ma sono strutturali. La crisi però li ha acuiti e ha scritto in bella calligrafia tutte le distorsioni e le disparità nel trattamento tra insider e outsider. Come si fa ad ignorarle?

Fonte: Corriere della Sera del 29 settembre 2011

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