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Crisi, Keynes non ci salverà

Una diecina di anni fa, sulla scia del successo diA Beautiful Mind – dedicato alla vita del Premio Nobel John Nash- The Economist propose un film sulla vita John Maynard Keynes (JMK) dato che c’erano tutti gli elementi spettacolari: dall’ambiente libertino d Bloomsbury a due guerre mondiali (nella prima l’allora giovanotto in uniforme riformò il sistema monetario della Russia Bianca; nella seconda pose le basi per il sistema finanziario internazionale detto “di Bretton Woods”), polemiche giornalistiche (JMK si considerava un professionista della penna più che dell’economia), regie teatrali (JMK creò il teatro di Cambridge). L’idea non venne presa sul serio. Oggi la sarebbe ancora meno.
Vittime della crisi degli ultimi anni, infatti, sono state le decine di rivoli di pensiero economico, associate , più spesso a torto che a ragione, al nome di JMK. Nel 2010, appena il 15% dei 41.3 milioni di “downloads” di nuovi 314.000 saggi economici, di 149.000, autori scaricati dal Social Science Research Network (SSRN) – la maggiore biblioteca telematica di scienze sociali al modo – può essere collocato in uno dei filoni keynesiani. Alcuni quando lo sono nel titolo – ad esempio il recente paper n. 1267 della Bce oppure i lavori di Robert J. Shiller–,confutano affermazioni correnti di quello che viene presentato come “il pensiero keynesiano”; ad esempio, sostengono che si ha un “moltiplicatore” dei consumi, degli investimenti e dell’occupazione a fronte di bilanci pubblici in pareggio e, soprattutto, riducendo la spesa pubblica, invece che tramite il deficit financing , ossia il finanziamento di attività ed opere pubbliche facendo ricorso al disavanzo di bilancio.
In un Paese come l’Italia dove si legge poco, due successi editoriali dell’ultima coda del 2010 sono un volume di Hunter Lewis su “Tutti gli errori di Keynes” ed un saggio di Franco Reviglio dal titolo emblematico “Good-bye Keynes?”. Hunter Lewis – attenzione- non è un “Chicago Boy” (università che è sempre stata una roccaforte contro le varie forme di pensiero keynesiano e neo-keynesiano): da Harvard è approdato alla guida di una delle poche società d’investimento che ha retto fin troppo bene la crisi finanziaria, nonché al CdA del fondo pensioni della Banca Mondiale. Reviglio è noto sia come professore di scienza delle finanze, sia come ministro, sia come guida di grandi complessi industriali. Tra l’altro, qualche decennio fà, veniva considerato tra i “giovani leoni” che portavano il pensiero e l’azione di Keynes in Italia.
Cosa ha causato il pensionamento, non certo anticipato, di JMK? Hunter Lewis rilegge criticamente JMK alla luce delle strategie di stimolo alla crescita tramite robusti aumenti della spesa pubblica in atto soprattutto negli Stati Uniti per “uscire” dalla crisi finanziaria ed economica iniziata nell’estate 2007; a suo avviso, il risultato sarà una montagna di debito che bloccherà il percorso della crescita. Ancor più sanguigno è un ex-keynesiano d’assalto, ora diventato epigono (in Australia) di quella chiamata un tempo “radical economics”. Steve Keen nel libro Debunking Economics di difficile reperimento in Italia ma scaricabile come e-book.
Anche Reviglio prende l’avvio dal freno alla crescita posto dall’elevato debito pubblico – lo dimostrano il “decennio perduto” in Giappone e ancor di più l’andamento quindicennale rasoterra dell’economia italiana. A differenza di Lewis e di Keen le cui mani vengono prese da polemiche ormai futili alla luce dei dati SSRN, Reviglio traccia una strategia non keynesiana per riavviare la crescita tramite riforme (federalismo fiscale, privatizzazioni, liberalizzazioni). Quindi, una proposta di politica economica su cui riflettere.
Hunter Lewis Tutti gli Errori di Keynes- Perché gli Stati continuano a creare inflazione, bolle speculative e bolle finanziari pp.444, Torino IBL Libri 2010 € 24
Franco Reviglio Good-bye Keynes? Le riforme per tornare a crescere- Meno debito, Più Lavoro pp.144 Milano, Guerini e Assiociati 2010 € 15.50

Fonte: Avvenire del 5 febbraio 2011

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