Se gli americani con basso reddito, che hanno acquistato la casa fidandosi dei mutui facili e della continua rivalutazione della casa, avessero saputo che rischiavano di trovarsi senza casa e con un debito da pagare, avrebbero lo stesso contratto il mutuo? Se i fondi di investimento avessero capito il rischio implicito nei pacchetti di mutui cartolarizzati, avrebbero comunque investito in questi strumenti finanziari? Se le autorità di controllo dei sistemi finanziari avessero avuto tutte le informazioni sui rischi che gravavano sul sistema bancario, avremmo avuto questa crisi finanziaria globale? Se gli americani avessero saputo che le guerre in Iraq e in Afghanistan avrebbero portato a ingenti squilibri nelle finanze statunitensi, sicché alla fine avrebbero dovuto pagare loro il conto in termini di maggiori tasse e/o minore occupazione, avrebbero accettato la politica di Bush? E, infine, se si fosse saputo che non c’erano armi di distruzione di massa in Iraq, avremmo comunque scatenato quella guerra?
Con i se non si rifà la storia e nessuno può sapere cosa sarebbe successo: se… Ma una cosa possiamo dire. L’informazione è la base delle nostre scelte. Lo abbiamo sempre saputo, ma poi lo dimentichiamo. Anzi, peggio. Pensiamo di sapere tutto e di essere in grado di prendere le migliori decisioni. È così che gli uni sono certi che il mondo vada presto verso la catastrofe ambientale, perché il livello di inquinamento e il consumo di materie prime non rinnovabili ci porterà alla distruzione del pianeta. Gli altri pensano che l’azione dell’uomo sia una minima parte delle forze che regolano il nostro pianeta, sicché non valga la pena di preoccuparsi troppo di quello che noi causiamo sulla Terra. E lo stesso vale per l’economia. A fronte della recessione globale che affligge il sistema economico internazionale, c’è chi ritiene che occorra ancora allargare i cordoni della borsa per far crescere la spesa pubblica a sostegno dell’economia e chi ritiene che si debba affrontare una epoca di austerità e di riequilibrio per poter riprendere a crescere.
Intendiamoci. La diversità di opinioni, pur in presenza delle stesse informazioni, è sempre esistita e sempre esisterà. Non è possibile che si abbia tutti la stessa valutazione ed è bene che sia così, perché la libertà nasce proprio dalla capacità di esprimere e di percorre vie alternative.
Ma è certo, anche in questi esempi, che è l’informazione quella che determina le scelte. E quindi, maggiore e migliore è l’informazione, migliori sono le scelte che possiamo fare. Per questo è lecito porsi le domande che abbiamo indicato all’inizio. Se avessimo avuto più informazioni, saremmo oggi in questa situazione?
Ma, ovviamente, non si tratta adesso di recriminare sul passato. Si tratta invece di capire, per il futuro, che l’informazione è la base per le nostre scelte e che, se le scelte, anche quelle individuali, sono corrette, allora l’economia cresce e si sviluppa. Questo è proprio il tema del Festival dell’Economia di Trento che si svolgerà dal 3 al 6 giugno. I tanti dibattiti e le tante testimonianze che ci saranno nei quattro giorni del Festival vogliono mettere in evidenza la sequenza “informazioni, scelte, sviluppo”, partendo proprio dal primo elemento: le informazioni.
Queste, spesso, sono date per scontate. Si ritiene che l’informazione ci sia. Al massimo si pensa che essa sia nascosta, ma che essa esista comunque. E, quindi, molte delle teorie e delle discussioni in materia economica sono centrate su come si fanno le scelte, date le informazioni disponibili. Ricordiamo tutti le recenti teorie economiche dei mercati che “hanno sempre ragione” perché posseggono tutte le informazioni disponibili. Ricordiamo un autorevole presidente della Federal Reserve (Alan Greenspan) affermare che non conveniva intervenire per fermare le bolle speculative, perché ogni intervento delle autorità pubbliche sarebbe stato errato, mentre i mercati sapevano bene quello che facevano e quali erano i prezzi giusti, perché scontavano tutte le informazioni disponibili che solo loro potevano avere.
Ebbene, al risveglio di questa crisi, ci siamo accorti che non era vero. I mercati non hanno tutte le informazioni necessarie e le loro scelte, come quelle di ciascuno di noi, sono fondate su scarsa conoscenza. In realtà parliamo di mercati come se fossero ancora quelli rionali, dove la massaia gira per i banchi, confronta prezzi e qualità della merce, contratta e poi sceglie. Ma non è così, purtroppo. Abbiamo mercati ben più complessi e non abbiamo investito abbastanza nel creare le informazioni necessarie. Non abbiamo investito abbastanza nell’educazione dei consumatori, dei risparmiatori e degli elettori per poter capire le informazioni disponibili. Occorre investire di più per la produzione di informazioni (istituti di statistica, centri di informazione, ecc.) e per la loro diffusione. Occorre introdurre maggiore trasparenza negli atti e nelle scelte di operatori economici, istituzionali e politici. E questo perché non c’è interesse a dare tutte le informazioni utili. Lo sanno bene (o lo dovrebbero sapere bene) i mezzi di comunicazione. E lo sanno bene i giornalisti di un giornale come questo, che si occupa di economia.
L’informazione è scomoda. Essa disturba chi governa e chi gestisce l’economia, perché genera dubbi. Sollecita comportamenti diversi da quelli “auspicati”. Un giornale che non sia scomodo, che non disturbi, che non si prenda la sua brava indispettita reazione da parte di chi governa, che non sappia resistere alla piatta pubblicazione dei comunicati stampa delle aziende e dei ministeri, è un giornale che non fa informazione ma solo propaganda. E con la propaganda non si hanno scelte libere e sviluppo.
Il nostro paese deve fare ancora molta strada per avere maggiori e migliori informazioni. Una indagine condotta dall’Isae, in previsione del Festival dell’Economia, sul grado di informazione degli italiani in materia di economia indica una bassa conoscenza e il ricorso preponderante alla televisione per informarsi. L’Italia appare essere un paese poco consapevole, che non si informa per le sue scelte, che dipende dal piccolo schermo anche per le scelte economiche.
Se un paese vuole crescere, se l’economia mondiale vuole uscire dalla crisi globale, se i cittadini vogliono riconquistare il gusto della loro libertà, allora serve una informazione libera, plurale, scomoda, svincolata dai centri di potere, capace di suscitare scelte appropriate.
E servono anche cittadini istruiti ed educati, perché l’informazione produce scelte da parte di chi sa interpretarla e non si affida solo alle verità gridate da uno schermo televisivo. Investire in educazione e informazione è la chiave dello sviluppo di un paese.
Crescere con l’informazione
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