A meno di due settimane dalle elezioni in Grecia, e subito dopo che il Fiscal Compact è stato approvato, in Irlanda, sul filo del rasoio e in grande misura grazie allastensione al referendum, al ristorante Einstein di Berlino (covo di politici in quanto quasi continuo con il Ministero delle Finanze) il libro di cui si parla di più è il saggio di Thilo Sarrazin LEuropa non ha bisogno delleuro. Sarrazin è, notoriamente, un estremista, quali che siano i suoi meriti accademici. Poco più di un anno e mezzo fa è stato costretto a dare le dimissioni dal vertice della Bundesbank per un lavoro secondo il quale il tasso di natalità degli immigranti musulmani era così più elevato di quello dei tedeschi da mettere in dubbio quale sarebbe stato il colore della pelle e la religione della Repubblica federale tra un paio di generazioni.
Nel nuovo studio, sostiene la tesi secondo cui il sostegno della Germania allunione monetaria deriva dalla convinzione che i tedeschi si potrebbero purificare dallOlocausto unicamente quando avranno messo i loro interessi in mani europee. Il Ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, afferma che si tratta di unenorme fesseria, ma altri avventori di Einstein ritengono che la fesseria vada almeno discussa. E che meriti animate discussioni allora di pranzo.
Tutto ciò, in una Berlino diventata insolitamente fredda in questi ultimi giorni dopo settimane tiepide e piene di sole, può sembrare una boutade degna di Dagospia, ma rileva quanto Giuliano Amato afferma, a ragione, da tempo: non è tanto la pancia di una Germania operosa, ma poco colta quanto il ceto intellettuale (e industriale), a sostenere oggi (come lo ha sostenuto negli anni Novanta) che i Paesi del club Med (Grecia, Italia, Spagna e Portogallo) avevano e hanno un Dna troppo diverso da quello degli altri per condividerne la moneta e le politiche che ununione monetaria comporta.
Lo stesso Wolfgang Schäuble, daltronde, sottolinea che la Grecia di oggi ha molti punti in comune con i cinque Länder orientali nel 1989: ampie partecipazioni statali da privatizzare, un sistema previdenziale troppo generoso, disincentivi a migliorare la produttività. Ultrich Blum dellUniversità di Halle mette laccento su come la Grecia oggi e la Ddr (Repubblica democratica tedesca, ossia Germania Est) di ieri sono Stati alla bancarotta con strutture istituzionali del tutto inappropriate. Cita il sistema giudiziario e il groviglio di diritti di proprietà nella Repubblica ellenica e fa comprendere allinterlocutore italiano che a Sud delle Alpi i nodi istituzionali che frenano produttività e crescita non sono molto differenti da quelli che travagliano la Grecia.
Ancora più duro Wilehlm Hankle, professore emerito allUniversità di Francoforte e buon conoscitore dellItalia (ha insegnato al Bologna Centre della Johns Hopkins University): indica come nel giro di pochi anni i Länder dellEst siano stati sostanzialmente integrati nella Repubblica federale, mentre a 150 anni dallUnità dItalia il Mezzogiorno non solo resta in ritardo di sviluppo, ma non riesce spendere neanche quanto assegnato alle Regioni dallUe :né bene, né, neppure, male.
Insomma, il clima è pessimista – almeno per quanto attiene al mantenimento dellunione monetaria quale definita dai Trattati e dal Fiscal Compact. La Grecia – riconoscono tutti – sarà un test fondamentale. Non solo perché se la Grecia lascia leuro o non applica quanto concordato in marzo, saliranno alle stelle i tassi sulle nuove emissioni di titoli di Stati ad alto debito (Italia) o a sistema bancario a pezzi (Spagna). Ma perché il bivio che ha fronte a sé la Grecia è analogo a quello che hanno Italia e Spagna.
In breve se seguire la strada dei cinque Länder dellEst o quella dellArgentina. Lo dice, e lo scrive, a tutto noto un columnist molto seguito, Peter Gumbel. Il percorso della Germania orientale comporta molti sacrifici per diversi anni e profonde riforme istituzionali, giudiziarie, tributarie, ma può essere accompagnato e sostenuto da finanziamenti europei. Quello argentino implica svalutazione competitiva. Ma è stato possibile perché lArgentina produce ed esporta prodotti di base e allora leconomia mondiale tirava. Oggi, quel che pensa Gumbel, a mio avviso non è fattibile: Grecia, Italia e Spagna perdono da anni quote di un mercato mondiale in rallentamento a ragione di una recessione che si sta espandendo in tutto il mondo.
Cosi’ Berlino avvicina l’Italia alla Grecia
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