• domenica , 22 Dicembre 2024

Con la paura non si avanza

Al momento stesso in cui l’ISTAT annunciava che i prezzi al consumo, per novembre risultavano aumentati in media dell’1,9% rispetto ad un anno prima (+2,2% la media europea) e che quindi l’inflazione, la più odiosa delle imposte, era stata finalmente domata, il rapporto annuale del benemerito CENSIS veniva letto nella chiave più negativa e si scatenava una nuova campagna delle varie associazioni dei consumatori per denunciare ancora una volta strepitosi rincari per colpa dell’euro, dei commercianti e del governo. Non sono mancati naturalmente, in ogni TG, i pianti delle madri per il mese di tre settimane di pasti e una di digiuno, nonché i visi adirati di chi pretende ferrei controlli, anticipazioni dei saldi post natalizi e cartellini con prezzi all’origine ed al dettaglio che non hanno mai funzionato. Perché oggi tante proteste e perché invece tanta mansuetudine ancora dieci anni fà quando gli aumenti annui dei prezzi superavano le due cifre e quando la produzione diminuiva, anziché ristagnare come di questi ultimi tempi? “Tre anni disastrosi” tuona l’ormai aggrottato faccione di Prodi, retour de Bruxelles, “Declino, declino” gli fa eco ogni giorno l’85% dei tromboni mediatici. E poi ci si sorprende – come giustamente scrive il CENSIS – che il 45% degli italiani abbia paura del futuro..
“Da sempre – ha scritto Dario di Vico – i mercati di un economia capitalistica si fondano su percorsi di suggestione collettiva.”. Ma è da poco che, con milioni di cittadini incollati ai televisori, la suggestione mediatica rileva tutto il suo potere. Ecco quindi perché dalla destra, Berlusconi predica ottimismo ai cittadini e dalla sinistra si parla di catastrofi ad ogni più sospinto. Ecco perché nei sondaggi di Manheimer l’ottimismo si concentra tra coloro che hanno votato la destra ed il pessimismo domina nei votanti di sinistra dietro cui c’è molta rabbia, perché i protettori su cui contavano hanno perso il loro potere. Certo, l’esasperazione della lotta poltica allontana i polemisti dall’obiettività e, moltiplicando l’uso di false statistiche e della demonizzazione dell’avversario, comporta confusione di idee e, come nella nebbia, timore a procedere. Il risultato sono le coscienze scosse ed i discorsi sconclusionati, come nel caso patetico dell’84enne Biagi.
Ma, perché la nostra società ha aumentato la sua sensibilità alle suggestioni collettive? Se è vero che oggi si trascorre più tempo alla TV, dove sovrabbonda la critica al Berlusca che pur passa per padrone unico, ciò non basta come spiegazione. Ce ne sono altre due collaterali che i commentatori hanno poco sottolineato. Il primo luogo c’è l’invecchiamento della popolazione per effetto sia della maggior longevità, sia del decremento delle nascite. E chi sono coloro, se non i vecchi, che hanno paura dell’avvenire? Il calo delle forze fisiche ci induce dapprima a minore fermezza, combattività e creatività e poi ci conduce alla pigrizia senile sino al timore di cadere ad ogni passo. In secondo luogo c’è il graduale aumento della ricchezza delle famiglie che il CENSIS ha sottolineato, ma i commentatori sottovalutato. Bisogna essere vecchi e ricchi, come Arpagone, per temere di perdere ciò che abbiamo accumulato. Ed è per paura che non molliamo il comando ai figli nelle centinaia di migliaia di piccole imprese, che tanto peso hanno nela produzione di ricchezza (pil).. La stessa spasmodica ricerca dell’investimento nel mattono è dimostrazione di paura. Ce la farà il Berlusca, da molti abbandonato, a ridarci entusiasmo per dominare il futuro, o chi altri al suo posto? That is the question, direbbe Amleto.

Fonte: Il Punto dell'8 dicembre 2004

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