• lunedì , 23 Dicembre 2024

Come e perchè vendere Poste Italiane

Per dare contenuto operativo al “vendere, vendere, vendere”, date le difficoltà politiche a vendere la Rai (pur se sarebbe tecnicamente facile), occorre al più presto vendere Poste Italiane.
E’ una privatizzazione facile, anzi facilissima, se si segue è il modo in cui sono state realizzate le denazionalizzazioni ed i fondi pensioni in Bolivia negli anni Novanta, seguendo i suggerimenti di Steve H. Hanke, direttore del Centro di Economia Applicata della Università Johns Hopkins di Baltimore e Senior Fellow del Cato Institute.
In pratica, ciò vuol dire dare azioni di Poste Italiane SpA a tutti gli italiani. Seguendo quale metodo? Uno semplicissimo: l’età anagrafica, quanto più si è anziani tanto più si è sovvenzionato il servizio con tutti i disservizi conseguenti, avendo, dunque, titolo ad un risarcimento con azioni da impiegare per la tarda età. Le azioni sarebbero vincolate per un lasso di tempo – ad esempio, cinque anni – a non essere poste sul mercato ma ad essere destinate ad un fondo pensione aperto (e ad ampia portabilità) a scelta dell’interessato il quale, però, manterrebbe tutti i diritti (elezione degli organi di governo, vigilanza sul loro operato, definizione dei loro emolumenti) di un azionista (in base alle azioni di cui è titolare sin dal primo giorno). Gli azionisti deciderebbero se scorporare il servizio in vari rami: posta celere, raccomandate, posta ordinaria. Unica regola: pareggio di bilancio senza ricorrere a Pantalone. Il management della azienda (o delle aziende) denazionalizzate che non ci riesce sarebbe passabile di azione di responsabilità e, ai sensi della normativa societaria in vigore, se l’indebitamento supera certi parametri la liquidazione diventerebbe obbligatoria.
E il “servizio pubblico”? Nell’età della rete delle reti, ci bada Internet: già adesso tutti i dicasteri, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità Montane dispongono di siti interattivi. Anche se il Partito Poste vorrebbe tornare al passato, come la protagonista del film “Good bye, Lenin” di una dozzina d’anni fa.

Fonte: Il Foglio 11 novembre 2010

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