Secondo le più recenti rilevazioni dellIstat, la disoccupazione giovanile in Italia ha superato la soglia del 30%, sia pure con andamenti diversi a seconda delle differenti aree del Paese. Così le difficoltà di ordine economico derivanti dalla mancanza di un lavoro e di un reddito sicuri continuano ad essere una delle principali componenti per cui i giovani rimangono a lungo allinterno delle mura domestiche, molto di più di quanto non avvenga negli altri Paesi europei.
La crisi, pertanto, tende a consolidare un nuovo fenomeno sociale che taluni demografi chiamano della
Il processo di continuo rinvio delluscita dalla famiglia si veda un interessante studio della Cei su
Il prolungamento della convivenza nella famiglia dorigine va di pari passo con il ritardo nella costruzione di un proprio nucleo familiare: per i nostri giovani 24-34enni lo status familiare più frequente è quello di figlio che non quello di genitore. Se la condizione economica ha un peso determinante, laltro elemento con aspetti non secondari della permanenza entro le mura domestiche è dato dalla soddisfazione per tale condizione: una motivazione questa addotta in prevalentemente dai 30-34enni. Nelle classifiche europee lItalia è ai primi posti per quanto riguarda questultima motivazione. Tanto che, a partire dal 2003, è in aumento la percentuale di coloro che dichiarano di vivere con in genitori perché, a causa delle difficoltà economiche, dovrebbero rinunciare a un certo livello di vita. Anche la diffusione capillare delle università italiane ha favorito la possibilità di frequenza rimanendo a vivere con i genitori, mentre in precedenza, molti giovani dovevano recarsi in altre città (più grandi) per terminare gli studi, sperimentando così, in anticipo, modelli di vita autonomi.
Letà nella quale i giovani lasciano la famiglia dorigine varia sensibilmente a seconda dei diversi contesti europei. Nella maggior parte dei Paesi a 25 anni la maggioranza dei giovani non vive più con i genitori (nellEuropa mediterranea e non solo in Italia, la transizione verso letà adulta avviene, invece, in famiglia). Su questi casi si diffondono gli articoli contenuti nel n.3/2011 della Rivista delle politiche sociali (Giovani senza). I giovani danesi escono di casa ad unetà media di 20 anni. Nel Regno Unito le de-coabitazione ha luogo sin dalla fine delladolescenza, prosegue con studi brevi in grande parte autofinanziati, seguiti a loro volta da un accesso precoce al lavoro retribuito e agli status di coniuge e genitore. Con unetà media di uscita da casa intorno ai 23 anni i giovani francesi manifestano comportamenti più simili a quelli dei danesi e degli inglesi piuttosto che a quelli tipici del modello mediterraneo, a cui si aggiunge lIrlanda: in tutti questi Paesi oltre la metà dei giovani di età compresa tra i 25 e i 30 anni resta nella casa paterna anche quando ha un lavoro.
Ovviamente a determinare questi differenti comportamenti vi sono ragioni di carattere economico (il livello di occupazione giovanile) e gli effetti delle politiche sociali (come il riconoscimento di assegni di studio durante il periodo formativo o di un reddito minimo di cittadinanza). Ma, non vi è dubbio, esistono anche dei fattori di carattere culturale. In tutta Europa sono diffuse, più o meno, le condizioni di disoccupazione e di precarietà tra i giovani. LItalia è ai primi posti quanto a disoccupazione, ma non quanto a presenza di rapporti di lavoro precari. Alla base della
Come e perchè in Italia giovani disoccupati (non) crescono
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