• martedì , 3 Dicembre 2024

Cirio e Parmalat, una “stangata” con tanti padri

Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha posto un problema serio: quando dalle casse di due grandi gruppi industriali come Parmalat e Cirio spariscono d’un tratto quattro miliardi e mezzo di euro, vale a dire quasi un terzo della legge finanziaria appena varata, e restano beffate alcune decine di migliaia di risparmiatori, significa che qualcosa di importante non ha funzionato e dunque qualunque governo del mondo, di destra o sinistra che fosse, farebbe bene ad occuparsene con trasparenza e rapidità.
Si proceda, dunque; data la dimensione del problema, la diffusione delle obbligazioni Cirio e Parmalat , le polemiche su controlli e controllori, in ballo non c’è solo il pur rilevante problema dei risparmi bruciati, ma quello ancora più ampio della tenuta del sistema finanziario italiano e dell’immagine del Paese.
Diciamo subito che gli obiettivi da raggiungere sono due: proteggere nei limiti del possibile i risparmiatori, le banche danneggiate ed il Sistema Italia da un lato; correggere, integrare quelle parti di regole o comportamenti che non hanno funzionato dall’altro lato.
A ripercorrerla , anche per sommi capi, la storia di questi due crack incipienti hanno dell’incredibile ma nascono entrambi dalla scaltrezza finanziaria di due imprenditori i quali, varato l’euro e calati drasticamente i tassi di interesse, capiscono subito che la strada giusta per finanziarsi a basso costo e senza troppi controllori ficcanaso non è in Italia, ma passa per quei semiparadisi fiscali europei che sono l’Irlanda ed il Lussemburgo e finisce in quelle isole esotiche senza tasse e senza Dio che sono le Cayman Island o le Virgin Island. E’ lì che vengono emessi i Bond ed è lì che comincia il viaggio del collocamento dei titoli. Perché lì e non qui in Italia? Perché qui in Italia , sulla prima fase, quella delle emissioni, vigila la Banca d’Italia e quei controlli Tanzi e Cagnotti preferiscono evitarli; e quanto alla seconda e terza fase, cioè il collocamento e la negoziazione dei titoli, qui in Italia, la Consob vigila solo quando i titoli arrivano sul territorio nazionale, ma con poteri, quelli stabiliti dalla legge Draghi, che andrebbero esercitati con coraggio.Ed in Consob non abbonda.
Ma la questione dei Bond è solo uno dei problemi. Quello più vasto riguarda i conti delle società, da sempre sotto gli occhi di tutti, e ora palesemente rivelatisi falsi. Per anni sono stati verificati da una pluralità di soggetti, (i consigli d’amministrazione, i collegi sindacali, le primarie società di revisione e certificazione internazionali,) ed oggi scopriamo che si limitavano a leggere la carta intestata della Bank of America indicante un deposito bancario da 4 miliardi di euro, senza accorgersi che era falsa e senza verificare la sostanza della certificazione? Poco credibile.
La magistratura indaga, il Governo è in allarme, il sistema finanziario è in trincea. Come si dice in gergo ora, “la guardia è alta” e così come accadde in passato, il Paese , ci auguriamo,supererà anche questo passaggio. Ma a tal fine è anche utile riflettere su alcune realtà:
1) La causa del guaio: all’origine stanno 500 milioni di euro spariti dalle casse della Cirio e 4 miliardi dalle casse di Parmalat. Qui c’è un onestà tradita ed un codice penale da applicare. Le polemiche sui controlli vengono dopo.
2) I profilo del capitalismo italiano: non è amaro solo constatare che Tanzi e Cagnotti ritenessero più facile fare profitti con la finanza che con l’industria, ma che per loro fare finanza significava mentire al mercato, ingannare i risparmiatori. Il capitalismo italiano è di più e di meglio di loro. Lo dimostrano 2 milioni di imprese esportatrici e l’alacrità di un tessuto industriale che comincia a risvegliarsi.
3) I controlli: la Banca d’Italia, attraverso le centrale dei rischi, sa qual è l’esposizione delle banche verso le imprese, avrebbe potuto intervenire? No, perché la legge la obbliga a vigilare sulle banche non sulle imprese. L’accordo di vigilanza chiamato Basilea 2 darà alla Banca d’Italia i poteri per obbligare le banche, quando prestano denaro, a fare controlli più penetranti che evitino casi Cirio e Parmalat; affrettiamone l’approvazione. Ma dare ulteriori poteri alla Banca d’Italia sui conti delle imprese significherebbe rafforzare il sistema bancocentrico che si vuole invece allentare.
La tutela del risparmio: è un bene prezioso tutelato dalla Costituzione ma negli anni il legislatore ha fatto confusione: ha affidato alla Banca d’Italia la vigilanza sul risparmio bancario, alla Consb quello azionario, all’Isvap quello assicurativo, alla Covip quello previdenziale. Troppe Autorithy per un solo oggetto e non ne serve un’altra. Se in 70 anni nessun italiano ha mai pagato una sola lira per un crac bancario grazie alla Vigilanza della Banca d’Italia, mentre ne sono state pagate molte per i crac industriali ( dalla Sir a Liquiìgas fino alla Ferruzzi), vuol dire che la Banca centrale ha svolto bene la sua funzione. Dunque si dia alla Banca d’Italia l’onere di vigilare su tutto il risparmio e per almeno altri 70 anni potremmo scongiurare altri casi Parmalat e Cirio.

Fonte: Il Giornale del 21 dicembre 2003

Articoli dell'autore

Commenti disabilitati.