• venerdì , 18 Ottobre 2024

Chrysler salita più dolce per Marchionne

Un anno dopo La Casa considerata fallita rinnova prodotti e rete e parte con la campagna tv.In dicembre la «prova 500»
In sei mesi vendite su del 12%, in giugno del 35%. E il Wall Street Journal parla di «resurrezione» Gli scettici Usa cambiano idea: l’ «Italian style» può funzionare. Ma si attende il pareggio di bilancio
Un plotone di soldati inglesi, in divisa settecentesca, si dispone sul campo di battaglia per arrestare l’ avanzata dei ribelli indipendentisti americani. Che irrompono nella scena preceduti da tre Dodge Challenger, l’ auto sportiva più venduta del gruppo Chrysler, una delle quali è guidata da un sosia di George Washington. Gli inglesi fuggono senza sparare un colpo e Washington commenta compiaciuto: «Ci sono un paio di cose che sappiamo fare bene: le auto e conquistare la libertà». Nell’ ultima scena dello spot televisivo l’ Union Jack viene coperto dalla bandiera nera, vagamente piratesca, della «Challenger». Un anno fa, quando la Fiat di Sergio Marchionne rilevò la gestione della Chrysler finita in bancarotta, gli americani (esperti compresi) credevano in larga maggioranza che fosse impossibile salvare un’ azienda ormai data per morta. Pochi pensavano che potesse tornare a produrre vetture di qualità e, dopo il fallimento del matrimonio con i tedeschi di Daimler, i più erano convinti che anche il tentativo di importare a Detroit un modello manageriale italiano non avrebbe avuto successo. Marchionne, però, non è arrivato ad Auburn Hills avvolto nel tricolore. Ha, invece, imposto al gruppo una ristrutturazione rapida e profonda, condotta con piglio manageriale tutto americano. E ha importato un nuovo modo di produrre le auto, il «World Class Manufacturing», sviluppato, sì, dalla Fiat, ma utilizzando il meglio dell’ esperienza giapponese nell’ incremento dell’ efficienza e della qualità. I concessionari dedicati Quanto ai pochi dirigenti arrivati da Torino, ormai parlano solo in inglese. E la tecnologia Fiat dei motori a basso consumo e delle vetture compatte sta entrando nella Chrysler senza snaturarla. Dopo l’ accordo di Pomigliano, il Lingotto vuole stringere sugli Usa. Il sapore dell’ Italian Style arriverà a dicembre con la 500 e fra due anni con le prime Alfa Romeo. Ma si diffonderà su un circuito diverso: i concessionari scelti per distribuire le vetture del Lingotto avranno ambienti espositivi separati da quelli dedicati ai marchi americani: Dodge, Jeep, i camioncini Ram, le berline Chrysler. In attesa dei nuovi modelli – negli Usa sta uscendo proprio ora la nuova Grand Cherokee, la jeep di gamma alta, mentre a fine anno arriverà la 300, la nuova ammiraglia Chrysler – Marchionne ha dedicato i suoi primi 12 mesi a Detroit a tagliare costi e sprechi e a migliorare la qualità di vetture dagli interni, spesso, troppo spartani. Completata la riorganizzazione, la società, ora a gestione Fiat, è partita con una campagna di spot pubblicitari (quello con i soldati britannici è arrivato alla vigilia della partita Usa-Inghilterra di Coppa del Mondo) talmente patriottici e ispirati alla filosofia del «buy American» da far scrivere al Washington Post che la Chrysler è diventata la vettura ufficiale dei conservatori dei Tea Party, il movimento che si ispira ai valori libertari della rivolta del 1773. Insomma, visto un anno dopo, il gruppo «fallito» è in piena attività, sta rinnovando i prodotti, l’ immagine e la rete distributiva. Il fatto che Marchionne non sia stato disarcionato dal cavallo non significa, però, che abbia già vinto la sua battaglia. Quante possibilità ha di rendere davvero Chrysler un’ azienda stabilmente redditizia e di completare l’ integrazione – in prospettiva anche una fusione – con Fiat Auto? La svolta Wsj «Molte, anche a dispetto di un mercato che rimane assai debole negli Usa», ammettono oggi perfino gli esperti che un anno fa scuotevano la testa. E il Wall Street Journal , che era la bandiera dell’ esercito degli scettici, ha titolato l’ intervista-bilancio a Marchionne pubblicata qualche giorno fa «La risurrezione della Chrysler». «Non ci sono garanzie automatiche di successo – dice Rebecca Lindland dell’ istituto di ricerca industriale Ihs Global Insight – ma la rapidità nel ristrutturare, migliorare la produzione, introdurre la tecnologia italiana dei motori a basso consumo, è cruciale per sfruttare le opportunità sul mercato. E Marchionne si sta muovendo rapidamente». All’ inizio, pur producendo poco in attesa dell’ arrivo dei nuovi modelli, il management è riuscito ugualmente a migliorare di molto il quadro finanziario grazie a un contenimento dei costi ancor più drastico di quello di General Motors e Ford. Rispetto ai quali Chrysler ha il vantaggio di non essere vincolata a una struttura integrata verticalmente con un fornitore esclusivo di componenti (Delphi per GM, Visteon per Ford) che irrigidisce tutto, sottolinea un consulente del gruppo. Da tre mesi, poi, anche i volumi di vendita sono in forte crescita. Intanto, però, il mercato Usa dell’ auto, dopo un breve ciclo espansivo, sembra entrato di nuovo in fase di ripiegamento. Chrysler riuscirà a farcela ugualmente e a tornare in Borsa? Marchionne ci crede e ha già ipotizzato per il 2011 l’ Ipo, l’ offerta pubblica di azioni. Questo sarà l’ anno chiave sul piano finanziario e produttivo, con il lancio di modelli strategici come la berlina compatta di derivazione Fiat da opporre alle Ford Focus e Honda Civic. Con Chrysler di nuovo quotata si potrà cominciare a parlare di «missione compiuta»: il governo di Washington (azionista al 10%) inizierà a recuperare i suoi soldi, i sindacati (azionisti al 65%) venderanno una parte delle azioni e con il ricavato potranno finanziare il fondo sanitario dei loro pensionati, gli azionisti Fiat vedranno premiata la scommessa americana. Il gruppo del Lingotto per adesso controlla il 20% del capitale Chrysler, ma, centrando alcuni obiettivi produttivi, può salire al 35% e addirittura al 51%, se rimborserà al Tesoro tutti i 7 miliardi di dollari che la nuova Chrysler ha avuto, come aiuto iniziale, dai contribuenti americani. Il conto economico Ce la farà? Il cammino è ancora lungo: nel primo trimestre di quest’ anno la Chrysler ha realizzato un utile operativo di 143 milioni di dollari, ma il bilancio complessivo si è comunque chiuso in perdita per 197 milioni di dollari. I dati del secondo trimestre li conosceremo ad agosto, ma le cose sono andate molto meglio, forse si è sfiorato il pareggio. Marchionne pensa di chiudere il 2010 in equilibrio (o, addirittura, con profitto di 200 milioni) se il gruppo riuscirà a vendere un milione e 650 mila veicoli. Cruciale è il successo della nuova jeep. Per ora gli ordini sono molto superiori alle previsioni, tanto che Chrysler ha ripreso ad assumere. «La cura Marchionne sta funzionando – commenta la Londra Stefano Aversa, direttore generale di Alix Parners, società di consulenza specializzata in ristrutturazioni industriali -. L’ azienda sta rispettando gli obiettivi di piano e quindi certamente centrerà le condizioni (su motori, piattaforme ed export) che le consentiranno di salire dal 20 al 35% del capitale. In un lasso di tempo ragionevole il gruppo sarà anche in grado di rimborsare i miliardi avuti dal Tesoro, cosa che consentirà alla Fiat di raggiungere la maggioranza assoluta». Il pessimismo degli scettici sembra evaporato, anche se quello dell’ auto rimane un mercato difficilissimo.

Fonte: Corriere della Sera del 12 luglio 2010

Articoli dell'autore

Commenti disabilitati.