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CHI STA CERCANDO UNA STAMPELLA?

di Giuseppe Pennisi

Italia e Cina: chi può essere la stampella di chi? Ossia chi si aspetta maggiori guadagni dalla più stretta interazione finanziaria e commerciale tra i due Paesi? In Italia, e non solo, si auspica una vera apertura del grande mercato cinese made in Italy, al diritto di stabilimento delle nostre aziende e anche all’acquisto di titoli del nostro debito pubblico.

Ma poco si riflette sul fatto che finora la Cina ha interpretato in modo unilaterale le regole della Wto ed eretto forti barriere nei confronti dell’import; e che Paese attraversa una difficile fase di svolta economica e forse politica.

Interessanti in tal senso gli indicatori della bilancia dei pagamenti pubblicati del Fmi. La bilancia delle partite correnti (commercio di beni, scambi di servizi, turismo, reddito da investimenti all’estero) è stata per vent’anni caratterizzata da forti eccedenze attive che hanno consentito alla Cina significativi investimenti finanziari all’estero e l’acquisto massiccio di bond governativi, soprattutto Usa.

Ebbene, nel 2018 il surplus è stato appena pari allo 0,4% del Pil. Nel 2019 per la prima volta dal 1993 potrebbe registrare un passivo. Un dato non preoccupante nel breve periodo: la Cina ha accumulato 3mila miliardi di dollari di riserve, un cuscinetto che le consente di guadagnare tempo per formulare ed attuare una strategia ben articolata. Sino ad ora Pechino ha tenuto controlli molto rigidi sul cambio e sui movimenti di capitale.

Occorre capire se Pechino adotterà a questo punto una strategia più flessibile per entrambi iniziando un processo virtuoso d’integrazione nell’economia internazionale. A Pechino si è del resto consapevoli che il tasso di risparmio sta crollando a ragione della contrazione dell’economia agraria e della ‘Politica del figlio unico’ che presenta il conto: la popolazione invecchia rapidamente, mancano i giovani ed il sistema previdenziale particolaristicooccupazionale non regge.

La politica edilizia ed industriale ha seri problemi e ci sono 20-30 milioni di unità abitative vuote nelle Province del Sud. In breve, la Via della Seta pare non solo un modo di aggirare le regole della Wto, ma anche una strategia per fare fronte alla nuova situazione economica senza seguire la via maestra dell’integrazione nell’economia internazionale.

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Fonte: Da Avvenire 20 marzo 2019

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