Che ingiustizia!La povera Irlanda costretta a pagare il 5.3% per i prestiti a dieci anni! 230 punti base sopra i bund tedeschi. Pare di sognare, eppure questa difesa appassionata dell’ isola verde e delle sue disastrate finanze non viene solo dal signor Corrigan, gestore del debito pubblico irlandese, che l’ ha appena fatta, come è suo dovere, in una conferenza stampa a Parigi. La si trova invece nella autorevole rubrica Lex del Financial Times del 29 aprile scorso. E’ bello avere parenti così affettuosi e altolocati.Essi non esitano a elencare le colpe della loro protetta, tali da farla apparire in una situazione obiettivamente peggiore della Grecia, per debiti delle banche, un deficit pubblico che al 14.3% è il più alto dei paesi sviluppati, crollo della produzione, aumento dello stock di debito pubblico al 65% (ma a Parigi Corrigan ha onestamente dichiarato che a fine 2010 si toccherà l’ ottanta per cento del pil, contro il 25% prima della crisi. Il ministro delle finanze irlandese ha tagliato i salari dei dipendenti pubblici. Ma i mercati sembrano non tenere questa coraggiosa misura in conto, si lagna Lex. Forse perché pensano, come fa il cupo economista tedesco Daniel Gros, quando a proporlo è la Grecia, che si tratta di pannicelli caldi. Altro ci vuole In effetti, altri 45 miliardi di Euro occorrono alle banche irlandesi solo quest’ anno, su un pil irlandese che nemmeno raggiunge i 200 miliardi, per tappare alcuni dei loro buchi. Chi glieli darà al signor Leinihan? Altri altolocati amici, si suppone. Come lasciare nelle peste l’ Irlanda, dove hanno sede diecine di multinazionali per il ridicolo trattamento fiscale e per altre ragioni che ne fanno il più grosso centro offshore d’ Europa? Quando si dice l’ obiettività della stampa anglosassone. Nel precipitare della crisi, sembra di poter scorgere alcune peculiari convergenze e coincidenze, nell’ attacco alla Grecia. Le esitazioni tedesche, le ipocrisie francesi, l’ agitarsi a volte senza bussola delle autorità comunitarie e di quelle della Bce. Il declassamento del Portogallo e della Spagna è stato poi un colpo di teatro veramente magistrale, perfettamente sincrono alla chiusura delle gigantesche operazioni di ribasso in atto. A inizio anno, il signor Taleb, autore del “Cigno Nero” e gestore di un fondo speculativo, aveva dichiarato che non mettersi al ribasso sui titoli di stato era al disotto della dignità. Standard e Poor’ s ha scoperto le debolezze della Spagna proprio al momento giusto. Come non accorgersene prima e come non confrontare alcune variabili positive spagnole con quelle assai più negative di paesi come Stati Uniti e Gran Bretagna? E’ stato notato da un giornale italiano, ad esempio, che le tre massime banche americane hanno fatto grandi profitti, nei mesi scorsi, ma al costo di una posizione di rischio che è ora del tutto uguale a quella che era subito prima dello scoppio della crisi subprime. Ma la cosa non sembra preoccupare le agenzie di rating. Né coloro che le stanno a sentire, malgrado il 93% dei bonds sui quali avevano messo la triple a sia diventata spazzatura. A questo punto, viene il dubbio che ci sia in ballo un folle piano di spaccare l’ Euro in due parti. E che sia all’ attenzione delle cancellerie che contano. E l’ Italia, da che parte starebbe? E Irlanda, Belgio e Austria, emigrerebbero alla parte sud? Supponiamo che questa settimana gli elettori inglesi ci regalino un Parlamento “impiccato”, senza maggioranza, e che quelli renani consegnino alle urne una sconfitta della coalizione di governo, uno smacco che la Merkel meriterebbe pienamente per la furbizia piccolo borghese di cortissimo respiro che ha mostrato in questi mesi, uscendone sconfitta comunque. Sarebbe la giusta punizione per avere fatto marcire la crisi greca, che a fine 2009 era risolvibile con pochi miliardi di euro, trasformandola addirittura in una crisi esistenziale per l’ Euro e l’ intera Unione Europea. Può immaginarsi una strategia che veda i Pigs fuori dall’ Euro? Non con l’ attuale costituzione europea. Lo si è ripetuto ad nauseam. Ma sì con uno sfascio dell’ Europa. E a chi conviene una simile prospettiva? Forse gli industriali tedeschi insieme a qualche politico, pensano che un futuro di grande potenza nazionale si profili di nuovo per la Germania, che la renda competitiva con grandi potenze nazionali come Cina e Stati Uniti, e faccia per sempre finire le esitazioni e i ritardi delle decisioni comunitarie. Quel che è certo è che un ribasso drastico dell’ euro li mette in ottime condizioni competitive. Inoltre, non è impossibile che si stia profilando uno scambio di quote dei paesi del sud Europa al Fmi in cambio di un aumento della ridicola quota cinese allo stesso Fmi. Il silenzio della Francia in questi giorni è impressionante. Sarkozy aveva iniziato bene, assumendo la leadership nella soluzione della crisi greca, ma poi ha smesso di parlare. E il suo ministro del bilancio il 28 scorso ha difeso la posizione della povera signora Merkel. Dato che questo folle piano passerebbe per una insolvenza greca, non capiscono i cittadini tedeschi che sarebbero ancora una volta loro a pagare per le difficoltà in cui nuovamente si troverebbero le loro banche, alle quali già molti dei loro soldi hanno già dato? Se lo chiede Jurgen von Hagen, uno dei più accorti economisti tedeschi, che non ha partecipato in queste settimane alla gazzarra alla quale si sono abbandonati alcuni suoi colleghi dei quali avemmo in passato molta stima. Al punto al quale sono arrivate le cose, è sempre più chiaro che un insolvenza greca non è purtroppo più evitabile. Saggio sarebbe procrastinarla per un paio d’ anni, con un piano di emergenza, per poi passare al riscadenzamento e alla ristrutturazione dei debiti della Grecia con la istituzione di una commissione internazionale di controllo finanziario, del tipo di quella che fu istituita dopo la crisi del 189397. Forse sarà utile ricordare che tale commissione fu definitivamente sciolta solo nel 1978.
Fonte: Affari e Finanza del 3 maggio 2010Chi gioca a sfasciare Maastricht
Maggio 3rd, 2010
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L'autore: Marcello De Cecco - socio alla memoria
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