• venerdì , 22 Novembre 2024

C’è una patrimoniale che farebbe bene all’Italia (più dell’Iva)

Qualcosa di sinistra? Per lo meno una piccola patrimoniale. Per lo meno, nel senso che quando alcune tra le “icone” del capitalismo italiano – come Luca di Montezemolo, o Pietro Modiano, o Giuliano Amato, tutta gente che certo non è mai stata “di sinistra” nel senso filocomunista della parola – si dichiarano disponibili a mettere mano alla tasca e a tassarsi, sia pure una tantum, in modo considerevole per permettere alle casse della Repubblica di guarire, è proprio segno che la cosa si potrebbe fare.
E non è stata fatta. Peggio. Si è persa l’occasione, e ancora la si sta perdendo, per fare una piccola e diffusa patrimoniale che senza ledere i redditi dei lavoratori dipendenti, a stipendio fisso, né quelli degli autonomi, per evasori che siano, consentirebbe un’importate raccolta finanziaria una tantum: si tratta della revisione degli estimi catastali, cioè quei valori in base ai quali i cittadini pagano l’Ici (non sulla prima casa, e questa è un’altra materia controversa) e pagano l’imposta di registro o l’Iva quando acquistano o vendono un immobile.
Ebbene, questi estimi catastali sono stati aggiornati l’ultima volta nel 1989. Da allora è caduto il Muro di Berlino, è finita la Prima Repubblica, sono state abbattute le due torri, è stato detronizzato Gheddafi, è accaduta la tragedia di Fukushima, il mondo è cambiato… ma i valori delle case italiane, per il Catasto, sono rimasti immutati.
Attenzione: ciò è accaduto in aperto e totale dispregio della legge che prevedeva, al contrario, una loro rivalutazione almeno ogni dieci anni, che se fosse stata fatta avrebbe comportato, dall’89 a oggi, ben due scalini di rivalutazione. Invece, niente. Per di più, è stata abolita per tutti i contribuenti l’Ici sulla prima casa, a prescindere dal reddito. Una mossa elettoralistica, certo molto apprezzata, ma comunque a conti fatti troppo generosa. Se si rivalutassero gli estimi, senza toccare null’altro nel quadro erariale nazionale, si potrebbe recuperare una cifra di almeno 4 miliardi di introiti all’anno. Ma soprattutto si farebbe una manovra di equità.
E la patrimoniale classica? Beh, quella naturalmente è un’altra cosa, più discutibile, meno certamente efficace: perché è chiaro che è un’arma estrema, non ripetibile, che induce all’evasione, all’esportazione dei capitali, che genera nei contribuenti la sensazione di essere vessati e che non è di facile applicazione. Certo però che, a fronte dell’ipotetica certezza che i soldi reperiti attraverso di essa sarebbero investiti per abbattere strutturalmente il debito pubblico e permettere l’introduzione di misure di autentico stimolo della crescita economica,la linea aperturista enunciata dai vari Montezemolo & C. avrebbe una sua ragion d’essere.
Quel che i contribuenti non tollererebbero, invece, sarebbe la sensazione di star regalando quattrini a una classe politica capace solo di sperperarli. Per cui, forse, l’accoppiata vincente – capace di far fare all’Italia un doppio scalino, di reputazione internazionale e solidità finanziaria – sarebbe contemporaneamente una patrimoniale e un ricambio in massa della classe dirigente politica. Solo che mentre la patrimoniale si fa per decreto, il ricambio della classe politica non si sa come si fa.
Quel che è certo è che la quadruplamente riveduta e corretta manovra d’emergenza dell’Italia del 2011 passerà alla storia come quella della mancata patrimoniale. Che, a proposito di qualcosa di destra, ha scaricato sull’Iva – un’imposta indiretta che colpisce i poveri quanto i ricchi (e quindi molto più dei ricchi) – l’onere maggiore.

Fonte: Sussidiario.net del 12 settemre 2011

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