Ma cosa deve fare il sindaco di un Comune virtuoso per poter aggirare il vincolo del patto di stabilità interno e ricominciare a investire per migliorare il suo paese? Va a caccia di mecenati e donatori e se riesce a portare a casa un assegno milionario festeggia per giorni. Almeno così ha fatto (con successo) Giorgio Ginelli, primo cittadino di Jerago con Orago, il comune del Varesotto considerato un po’ la capitale degli «artigiani ribelli» e delle piccole imprese che resistono. Abitano a Jerago 1.600 famiglie e sono registrate 600 partite Iva, compresa quella del sindaco che di professione fa il dentista. Il bilancio del Comune è di 2,5 milioni di euro, una buona parte se ne va per pagare i 23 dipendenti e il rimanente serve per la manutenzione e le altre spese ordinarie. Per fare altro di soldi non ce n’ è e, sempre a causa dell’ odiato patto di stabilità che mette sullo stesso piano i sindaci-formica e i sindaci-cicala, quest’ anno per la cultura «abbiamo potuto spendere zero», racconta Ginelli. E allora dai con la caccia a quelle che una volta si chiamavano erogazioni liberali. L’ occasione è arrivata dalla vicina Lugano, dove da anni si sono stabiliti i Daccò, una famiglia di imprenditori che negli anni ‘ 30 aveva messo radici nel Varesotto. Aldo, imprenditore illuminato, aveva fondato nel 1937 un’ azienda meccanica di nome Liasa, specializzata nelle fusioni in bronzo, che era arrivata fino ad avere 150 dipendenti e una sede a Milano. Daccò è stato per Jerago un piccolo Adriano Olivetti, e in molti ricordano come avesse costruito un rapporto straordinario con i suoi dipendenti a cui era solito raddoppiare lo stipendio due volte l’ anno, in occasione del Natale e del suo onomastico. In perfetta coerenza con l’ impostazione comunitaria che lo animava, Daccò finanziava anche opere pubbliche che non avevano niente a che fare con la sua azienda e il suo business. Così grazie ai suoi soldi Jerago ha potuto avere un centro socio-sanitario pubblico che ha servito gli abitanti del paese per decenni. Daccò pensò anche a creare una Fondazione per il progresso intitolata a sé e alla moglie Celestina. E, scomparso il marito, sono state proprie la Fondazione e la signora Daccò a staccare un assegno da un milione di euro e consegnarlo al sindaco Ginelli, che per mesi aveva curato i rapporti «diplomatici» tra Jerago e Lugano. E’ chiaro che la cifra giudicata nell’ ottica di una grande città non strappa gli oohhh, ma rappresenta il 40 per cento del bilancio comunale di Ginelli. Una vera cuccagna. E così in continuità con la vecchia scelta dei Daccò il Comune di Jerago potrà investire la somma proprio per ripristinare ed ammodernare il centro socio-sanitario e riqualificare il parco attorno. Ginelli, sindaco dal 2008, non sta più nella pelle e commenta: «E’ chiaro che le pubbliche amministrazione o si inventano qualcosa oppure per loro sarà un inferno». Vedremo nei prossimi giorni e mesi se il modello Jerago sarà imitato dagli altri sindaci e scatterà così la caccia al mecenate.
Fonte: Corriere della Sera del 26 marzo 2011Caccia al Mecenate
L'autore: Dario Di Vico
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