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Boomerang Silvio-Nicolas

La Commissione prende alla lettera i desideri francoitaliani e propone di centralizzare i controlli su Schengen. Roma e Parigi non saranno poi così contente…
Lo hanno già battezzato il «boomerang di Nicolas e Silvio», colpa del destino beffardo o di una sbandata politica complessa da correggere. Il 26 aprile scorso, nel pieno della disputa sugli immigrati tunisini sbarcati a Lampedusa e smistati ambiguamente Oltralpe dagli Italiani, il presidente francese Sarkozy e il premier Berlusconi hanno scritto una lettera alla Commissione Ue e al Consiglio invocando una riforma delle regole di Schengen per la libera circolazione dei cittadini europei, per consolidare il principio della solidarietà e rendere difficile abusare delle regole. Detto fatto. Ora la Commissione ha pronta la sua proposta, un testo che trasferisce potere dagli stati all’Ue e che Roma e Parigi faranno fatica a digerire.
Cinque mesi fa i due paesi cugini hanno dato il peggio di sè. Mentre il Nord Africa cacciava i suoi tiranni e la gente fuggiva dalla Libia in guerra, l’Italia ha gridato «all’esodo biblico», il ministro Maroni ha contestato «l’Europa poco solidale che non ci aiuta» e poi ha legalizzato per sei mesi 25 mila clandestini, a cui ha affidato documenti sul filo della legalità perché se ne andassero lungo la via Francigena. La Francia ha criticato il nostro governo, ha chiuso per quanto possibile le frontiere e poi ha siglato un armistizio che le intese sui flussi migratori fra la Farnesina e Tunisi hanno reso facile da gestire. «Una governance rafforzata dello spazio Schengen è evidentemente necessaria – sostenevano d’intesa i due leader – essa deve essere fondata su requisiti più rigorosi e su strumenti più efficaci per ottenere una maggiore disciplina collettiva».
Cecilia Malmström, che a Bruxelles ha responsabilità del dossier Immigrazione, li ha presi in parola e ora propone la sua Rivoluzione Schengen. Fra una settimana chiederà ai colleghi di Palazzo Berlaymont di approvare una serie di emendamenti agli Accordi proprio nel senso indicato da Sarkò e Berlusconi. Passaggio cruciale dell’iniziativa è l’abolizione, se non in casi assolutamente straordinari, della possibilità di reintrodurre i controlli di frontiera senza un’autorizzazione dell’Ue. Le regole attuali prevedono che la decisione possa essere presa liberamente e che il via libera arrivi soltanto a cose fatte.
La commissaria svedese considera due ordini di circostanze. Secondo fonti Ue, nei casi di problemi prevedibili, come una partita di calcio a rischio o un evento oceanico, lo stato dovrà segnalare con anticipo il caso e attendere che l’esecutivo Ue e gli stati membri decidano a maggioranza qualificata – con una procedura in verità complessa – se la richiesta è accettabile o no. Se si è invece in condizioni di emergenza – una attentato o una strage in stile norvegese, ad esempio – le capitali potranno decidere di serrare i confini, ma solo per cinque giorni, tempo entro cui l’Europa dovrà far sapere se è giusto o no.
La Malmström, a quanto risulta, intende così eliminare «ogni abuso di Schengen suggerito da ragioni di politica interna». Vuol dire che se Sarkozy volesse alzare il muro per ostacolare una nuova ondata di tunisini potrebbe farlo solo con la benedizione di Commissione e Consiglio. Oltretutto, pensa la svedese, «questo provvedimento punta a rafforzare l’importante patrimonio di Schengen e non serve per gestire i flussi migratori».
A questo proposito, la proposta ripulisce la governance dei Patti, con un ruolo più forte per Frontex (l’agenzia di sorveglianza alle frontiere) e con chiarezza su certe regole, ad esempio quella per la concessione dei documenti su cui Italia e Francia hanno litigato. «Ogni stato deve fare la sua parte e l’Europa risponderà, impegnandosi a sostenere chi si trova in difficoltà», sono i messaggi che filtrano dal piano della Malmström. Ognuno al suo posto, insomma, più solidali e corretti, è lo spirito dell’Ue che vive e decide insieme. Se passa il testo, che deve essere approvato dal Consiglio, la zona grigia sarà limitata. Niente spazi per i trucchetti. Qualcuno, nei palazzi del potere, penserà che si stava meglio quando si stava peggio.

Fonte: La Stampa del 7 settembre 2011

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