• domenica , 22 Dicembre 2024

Befera ha ragione:il silenzio delle istituzioni per un gesto criminale e’ inaccettabile

Ha ragione il direttore generale delle Entrate, Attilio Befera. E’inaccettabile il silenzio delle Istituzioni sull’aggressione ad un ufficio periferico dell’Agenzia nel bergamasco. C’è in giro troppa comprensione per il gesto criminale di un energumeno che acquista armi da fuoco anzichè pagare il canone tv, mentre vi è troppo poca solidarietà per quei funzionari ed impiegati dello Stato che hanno rischiato la vita solo perché compiono il loro dovere.
Dei parlamentari della Lega si sono recati in carcere a far visita a Luigi Martinelli, l’eroe di una giornata di follia. Ed è singolare che si siano affrettati a sottolineare che il debito con il fisco dell’aggressore non era di soli duemila euro, ma di alcune decine di migliaia, come se tale importo costituisse una giustificazione in più per andare in giro armato come un Rambo di periferia, dopo aver scelto, nell’arsenale di casa, un fucile a pompa e due pistole da portare con sé.
Altri, nella vicenda di Romano di Lombardia, sono gli eroi: il responsabile della sede che è rimasto al suo posto, gli impiegati che, il giorno dopo, sono tornati al lavoro, il sottufficiale dei Carabinieri che è riuscito ad evitare una tragedia. Il posto di Martinelli è la galera. Ma grave è la responsabilità di quanti, con il pretesto di comprendere il disagio di una persona , finiscono per giustificarne, con l’aggiunta di un pizzico di simpatia, il gesto criminale. Senza fermarsi un attimo a riflettere.
Che senso ha,infatti, prendersela con dei simboli, trasformando dei dipendenti pubblici, anch’essi alle prese con le difficoltà quotidiane, in agenti della Spectre ? Che senso ha manifestare (protagoniste sono state le vedove delle ) davanti alle sedi di Equitalia o degli uffici tributari come se i guai del Paese dipendessero da chi lavora lì, applicando quelle leggi che vengono richieste a gran voce per contrastare l’evasione ? Tante famiglie italiane piangono nostri concittadini onesti morti ammazzati – in epoche di cui non si è ancora persa la memoria – proprio perché erano diventati dei simboli. E’ il momento di pronunciare delle parole molto chiare e ferme prima che succeda di peggio, prima che in questo Paese si apra una guerra di tutti contro tutti, dove il nemico di ognuno diventi chiunque abbia un reddito migliore, un patrimonio più grande o una pensione più elevata della sua. Siamo veramente uno strano Paese ! A sentire i nostri discorsi – non c’è ormai alcuna differenza, di tono e di qualità, tra quelli che si ascoltano in tv, si leggono sui giornali o si fanno in treno, in autobus o nei bar – il nostro principale problema è quello dell’evasione fiscale di cui si forniscono ufficialmente dimensioni spaventose. Al punto che, senza evasione fiscale, noi potremmo – sembrerebbe – permetterci di tutto ed evitare di sottoporci a sacrifici. Sarebbe , potremmo andare in pensione a cinquant’anni e, se ci pare, anche prima, dimezzeremmo il cuneo fiscale ed avremmo buste paga più robuste, non pagheremmo il ticket sulle prestazioni sanitarie, saremmo esonerati dalle tasse sulla casa. Così, qualunque provvedimento – anche il più perverso e liberticida, delazione compresa – assunto dal Parlamento per combattere il dell’evasione viene salutato con il medesimo entusiasmo con cui le accompagnavano le carrette che portavano i nobili alla ghigliottina. Basta mandare un giornalista per le vie di una qualunque città a fermare i passanti per rivolgere loro la domanda su come dovrebbero essere trattati gli evasori per sentirsi proporre, con piglio indignato, il carcere, il sequestro dei beni, la gogna pubblica e quant’altro.
Il fatto è che si ha un’idea molto particolare dell’evasione, che spesso coincide con la ricchezza o addirittura con la condizione di benessere. Si direbbe quasi che da qualche parte sia celata una comunità di riccastri che detiene un immesso patrimonio, che dispone di ingenti mezzi finanziari e che non paga le tasse. A loro pensa la Cgil quando propone un’imposta patrimoniale, come se essa potesse compensare un alleggerimento del prelievo fiscale sui normali cittadini.
Ovviamente, il problema di tanti ricchi che sono anche evasori esiste ed è grave. Non fino al punto, però, di immaginare che, espugnando la loro cittadella, si verrà a capo dei nostri mali. E’ altrettanto vero che la pressione fiscale è fortissima, soprattutto in una fase di recessione come l’attuale. Ma è la struttura del gettito a proporci qualche seria riflessione. In Italia, i contribuenti/persone fisiche sono 41,8 milioni. Il 50% denuncia un reddito imponibile annuo inferiore a 15mila euro, un ulteriore 40% tra 15mila e 35mila: pertanto, il 90% sta sotto i 35mila euro. Solo l’1% denuncia un reddito superiore a 100mila euro (il 70% di questi contribuenti è costituito da lavoratori dipendenti e da pensionati). Se si sale ancora nella scala del reddito si arriva a qualche decimale di punto percentuale ovvero a qualche decina di migliaia di contribuenti. A carico della metà dei contribuenti ( con reddito fino a 15mila euro) è il 6% del gettito, mente il 9,6% che denuncia un reddito superiore a 35mila euro si accolla il 52% delle imposte. Quanto ai titolari di partita IVA (4milioni) il 51% denuncia un reddito inferiore a 15mila euro, il 19% al di sopra di 35mila euro (il 30% ha un reddito intermedio). Quanto agli imprenditori (siamo sempre nel campo delle persone fisiche) solo il 13% denuncia un reddito compreso tra 35mila e 100mila euro, mentre solo l’1% supera i 100mila euro. Più consistenti le cartelle dei professionisti: il 38% con un reddito compreso tra 35mila e 100mila euro, l’11% al di sopra dei 100mila.
Basta osservare questi dati per accorgersi che vi è un problema serio di evasione nella fascia alta dei contribuenti (dove chi non sfugge al fisco, tuttavia, sopporta un prelievo molto elevato per effetto della progressività dell’imposta): è evidente che, in Italia, i ricchi e i benestanti sono molto più numerosi di quelli accertati dal fisco. Ma non vengano a raccontare che più di venti milioni di italiani hanno un reddito imponibile inferiore a 15mila euro l’anno. Purtroppo anche, nella lotta all’evasione, vale la legge dei grandi numeri.

Fonte: Occidentale del 6 maggio 2012

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