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Basta ammazzare la Grecia

L’Europa ha imposto misure che hanno ridotto il Paese in povertà. Ma si rifiuta di difendere i suoi titoli sotto attacco. Così non funziona. O meglio, non funzionano i suoi governanti, Merkel in testa.
Se la citazione non fosse ormai abusata, oggi tutti noi dovremmo dire: «Io sono greco». L’Europa sta umiliando un Paese, la Grecia, e una popolazione che ha fatto enormi sacrifici e che si trova in una recessione spaventosa per le misure dettate dalla stessa Europa. Certo, la Grecia ha le sue responsabilità, avendo manipolato i conti per entrare nell’euro. Ma ora ha adottato misure severe per comprimere la spesa pubblica e aumentare le imposte. Avrebbe potuto fare di più, ma intanto, a causa di queste misure, la recessione ha assunto dimensioni drammatiche: il reddito in termini reali è caduto del 20 per cento dal 2008 al 2012 e quello pro capite in valori correnti è sceso del 14 per cento.
La Grecia è sull’orlo della povertà e, malgrado questo, si esita a darle sostegno finanziario perché «non ha fatto abbastanza». Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario, dice che è più preoccupata per i bimbi del Niger (per cui il Fondo fa ben poco) che per quelli di Atene, i cui genitori devono pagare le tasse. Intanto però non osa sanzionare gli Usa che hanno uno squilibrio nei conti pubblici pazzesco, così come il suo predecessore non fece nulla per fermare l’assurda politica americana che ha provocato l’attuale crisi globale. Dovrebbe intervenire l’Europa, ma un’altra signora, Angela Merkel, insiste sui sacrifici e impedisce alla Banca centrale europea di fare il suo dovere. Non è questa l’Europa che abbiamo costruito negli ultimi cinquant’anni. Non è questa l’Europa per la quale abbiamo abbandonato molte prerogative nazionali. Non è questa l’Europa che vorremmo nel nostro futuro. Questa è l’Europa degli egoismi e delle meschinerie che affonda un grande progetto per paura di prendere decisioni non convenzionali, come fecero i padri costruttori.
Qualcuno dice che l’Europa, per come l’abbiamo costruita, non può funzionare. E invece non è l’Europa che non funziona, ma gli attuali governanti: nulla vieta di prendere misure adeguate agli attuali bisogni, basta volerlo.
Oggi ci troviamo di fronte ad attacchi della speculazione che, giustamente, sta puntando contro gli unici titoli di debito sovrano non protetti da una banca centrale. Nel mondo campeggiano gli enormi debiti degli Usa e del Giappone che ben poco hanno fatto sin qui per correggere i loro squilibri. Eppure la speculazione non attacca quei debiti sovrani, perché le banche centrali di quei Paesi assorbono i titoli per mantenere bassi i tassi di interesse. Forse sbagliano e un giorno pagheremo queste politiche con una maggiore inflazione. Ma intanto la loro politica lascia scoperti i titoli di debito europei che non hanno la protezione della Bce. E’ così che, malgrado i Paesi europei abbiano adottato misure severe per riequilibrare i propri conti, i titoli dei loro debiti fluttuano a seconda degli scambi sul mercato finanziario senza alcuna (o poca) protezione da parte della Bce e possono generare profitti per chi specula.
In queste condizioni i Paesi europei sono costretti a ridurre la spesa pubblica per pagare i maggiori interessi sui debiti e l’intero continente sprofonda in una pesante recessione. La politica europea guidata dalla Germania è oggi una politica suicida, adatta forse a un piccolo Paese che cerca di astrarsi dalle vicende mondiali, ma sicuramente sbagliata per una nazione continentale di mezzo miliardo di abitanti, con responsabilità nei confronti della propria popolazione e del mondo intero.
Ma, si dice, la Bce non può intervenire perché non abbiamo una vera unione politica e neppure economica. Nulla di più falso. In quale Paese federale del mondo poteva avvenire che in ben tre dei suoi Stati (Grecia, Italia e Spagna) venissero dimissionati i governi perché non avevano mantenuto gli impegni europei? In due di questi Stati (Italia e Grecia) sono stati nominati governi tecnici con personalità scelte solo per la fiducia che riscuotevano in Europa. In tutti e tre i Paesi sono state adottate misure di riduzione del disavanzo pubblico a carattere eccezionale, tanto da generare processi recessivi drammatici che stanno producendo una rivolta sociale.
La grande maggioranza dei Paesi europei ha aderito al fiscal compact che imporrà bilanci in equilibrio strutturale. Già da quest’anno le politiche fiscali dei Paesi devono avere il placet europeo prima di essere votate dai rispettivi Parlamenti. Se tutto questo non è unione politica ed economica, c’è da chiedersi che cosa si pretenda. L’Europa non sarà mai una nazione come le altre. Non potrà esserlo, perché sarebbe sbagliato. Il mondo ha bisogno di aggregazioni sovranazionali capaci di riunire i popoli senza abolire alcuni elementi di sovranità nazionale. Si tratta di una possente innovazione istituzionale e l’Europa, che ha già fatto molti passi in questa direzione, è all’avanguardia. Se solo ne avesse la coscienza e agisse di conseguenza.
Oggi si tratta di dare alla Bce il compito di sostenere i titoli del debito sovrano di quei Paesi che hanno adottato misure di riequilibrio, per evitare che i tassi di interesse salgano oltre un livello per cui diviene impossibile perseguire una reale riduzione degli squilibri e diviene necessario dichiarare la bancarotta. Non è difficile da fare e neppure così stravagante. C’è solo da meravigliarsi che questo non venga capito.

Fonte: Espresso del 25 giugno 2012

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