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Basilea 3, imprese e banche chiedono più flessibilità

L’appuntamento è per domani mattina a Bruxelles. Una delegazione ai massimi livelli delle associazioni che rappresentano le imprese(Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative Italiane) e delle banche (l’Abi) sottoporrà al Commissario europeo per il mercato interno e i servizi, Michel Barnier, una proposta mirata a ridurre al minimo i possibili “effetti collaterali” che potrebbero derivare al sistema produttivo dall’entrata in vigore dell’accordo interbancario di Basilea tre.
Entro la fine di luglio, infatti, la Commissione europea metterà in consultazione la bozza di direttiva europea (ma una parte della normativa dovrebbe vedere la luce sotto forma di regolamento) che recepisce l’accordo, raggiunto a Basilea il 16 dicembre scorso, sui nuovi coefficienti patrimoniali delle banche. Per questo, dopo aver introdotto il dialogo con il commissario Ue per l’industria, Antonio Tajani, le banche e le imprese italiane presenteranno la loro proposta direttamente al commissario Barnier che ha la responsabilità della trasposizione delle nuove regole di Basilea nella Capital requirement directive (Crd 4).
La proposta avanzata non modifica l’impianto generale dell’accordo; come si sa,le nuove regole prevedono un significativo incremento sia della qualità che della quantità di capitale necessario alle aziende di credito, a regime attraverso l’introduzione del “capital conservation buffer” innalza dall’8 al 10,5% il requisito minimo patrimoniale complessivo. Semplicemente, la richiesta avanzata dalle quattro associazioni è di “sterilizzare” l’aumento dei requisiti patrimoniali a fronte di crediti concessi alle Pmi. Come? Introducendo un fattore correttivo pari a 76,19%, da introdurre nella formula per il calcolo dei risk weighted assets (la ponderazione per il rischio delle singole voci attive della banca) nel caso di un prestito a un’impresa di piccole o medie dimensioni.
In pratica, l’incremento di riserva patrimoniale indotto dalle nuove norme di Basilea verrebbe bilanciato da una sorta di “sconto” applicato a valle all’intero meccanismo di calcolo, pari al 24% circa nel caso in cui la destinazione dell’impiego creditizio è un’azienda piccola. La regola che le varie associazioni delle imprese e delle banche italiane proporranno al commissario europeo non ha di per sé nessuna caratteristica a raggio meramente nazionale. Infatti, se è vero che la piccola e media dimensione è un tratto caratteristico dell’impresa italiana, è vero anche che utilizzando la definizione europea (dove la piccola e media impresa arriva fino ai 250 dipendenti) si scopre che le Pmi dal punto di vista numerico sono il 99,8% delle aziende in Europa, che hanno un peso rilevante sull’economia continentale perché danno lavoro a 90 milioni di occupati e che generano il 58% dell’intero valore aggiunto europeo.
Queste aziende hanno una specificità: dipendono, ben più delle imprese di maggiori dimensioni, dal credito bancario. Per l’esattezza, secondo i calcoli realizzati da imprenditori e banchieri, fatto 100 il totale delle passività delle imprese europee, nelle Pmi il debito incide per il 39% mentre nel caso delle grandi aziende la fonte del credito bancario pesa per il 19 per cento.
Sterilizzare l’innalzamento del requisito patrimoniale nel caso dei crediti alle Pmi permetterebbe quindi di contenere al minimo gli effetti indesiderati proprio su quella parte di tessuto produttivo che, non solo in Italia ma anche a livello continentale, dipende in via principale dal canale bancario come fonte di finanziamento.
Le banche e le imprese italiane, del resto batteranno sull’esigenza di avere un effettivo level playing field, un campo da gioco livellato in materia di regole creditizie, ricordando a Barnier che, così come in occasione dell’approvazione di Basilea due gli Stati Uniti hanno trasposto le regole in maniera tale che ancor oggi nessuna banca americana le ha effettivamente applicate, c’è ora il rischio che questo approccio venga seguito anche per quanto riguarda Basilea tre, soprattutto per quel che riguarda quelle categorie di banche americane che operano a livello prevalentemente nazionale e locale. In altre parole negli Usa Basilea tre potrebbe venire applicata solo per le grandi banche a raggio operativo internazionale.Tanto più importante, quindi, secondo gli autori della proposta, arrivare a un’emanazione di norme comunitarie di recepimento delle regole di Basilea che garantiscano condizioni non penalizzanti per la crescita dell’economia.
LE PMI EUROPEE
99,8% – Le Pmi in Europa
A tanto ammonta la percentuale di piccole e medie imprese in Europa. Va però considerato che a livello europeo si intendono Pmi tutte le imprese fino a 250 dipendenti, quindi la dimensione è più grande di quella a cui in genere si fa riferimento in Italia
90 milioni – Gli occupati
Tanti sono i dipendenti che hanno un contratto di lavoro presso le piccole e medie imprese europee
58% – Valore aggiunto
A tanto ammonta la quota parte di valore aggiunto (sul totale) prodotto
dalle piccole e medie imprese europee
39% – Debito bancario Pmi
È il peso del debito bancario che grava sulle piccole e medie imprese europee sul totale delle loro passività
19% – Debito bancario grandi imprese
È il peso del debito bancario che grava sulle grandi imprese europee sul totale delle loro passività. Come si vede esso è molto inferiore rispetto a quello che grava sulle Pmi. Questo è dovuto al fatto che le grandi imprese dispongono di molti più strumenti finanziari per reperire risorse

Fonte: Sole 24 Ore del 26 giugno 2011

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