• lunedì , 16 Settembre 2024

Basilea 2 ,come e quando metterci mano

La firma è ancora calda sull’accordo conosciuto, in gergo, con il nome di Basilea II. Già nella professione si avverte l’esigenza di rimetterci mano. Al tema, di grande interesse per tutti coloro che operano nel settore bancario e finanziario, è dedicato l’ultimo fascicolo della rivista Financial Markets, Institutions and Instruments. E’ utile vederne i punti salienti, anche in quanto il prossimo Ministro dell’Economia ed il Governatore della Banca d’Italia dovranno tra breve porre all’ordine del giorno il tema di come forgiare una posizione italiana nelle discussioni in atto.
In primo luogo, Howard Davies, direttore della London School of Economics e- quel che più conta – sino a poco tempo fa presidente della Financial Services Authority britannica, conduce un’analisi rigorosa, e critica, del processo che nel 1997 è iniziato con l’obiettivo di aggiornare il primo accordo di Basilea, quello del 1988 in cui si definivano i requisiti di capitalizzazione per la vigilanza prudenziale. A suo parere, dall’aggiornamento si è giunti ad un meccanismo molto complesso e di difficile attuazione. Ritiene che l’impalcatura dell’accordo ha diversi aspetti attraenti, in particolare i tre pilastri per il controllo – ossia il calcolo del requisito minimo di capitale effettuando valutando il rischio sia operativo sia di mercato, la vigilanza da parte delle Banche centrali (o altre autorità) con poteri più ampi di quelli delle prassi del passato, e la disciplina del mercato facendo ricorso a regole di trasparenza sui livelli e sulla gestione del rischio. Il risultato complessivo, però, è , a suo parere, estremamente complicato ed occorre mettere in campo un nuovo aggiornamento (e snellimento) prima che l’accordo perda credibilità.
Jaime Caruana, Governatore della Banca di Spagna e Presidente proprio del Comitato che ha prodotto Basilea II, offre una visione, naturalmente, molto più positiva dell’accordo. Ciò nonostante, anche lui sottolinea la delicatezza di due punti, per dare corpo all’accordo: calibrarlo con le prassi nazionali vigenti e dare vita ad un meccanismo di vigilanza internazionale. E’ da questi aspetti che prende l’avvio Richard Herring , direttore del dipartimento finanza della Università della Pennsylvania: ricosse i meriti dell’impalcatura generale dell’accordo, ma si chiede se questi benefici superano i costi per le banche e per le autorità di vigilanza sia dei Paesi dove hanno la sede centrale sia di quelli, all’estero, in cui operano. Prende, poi, spunto da un aspetto dell’analisi di Jaime Caruana (quello secondo cui i requisiti di capitalizzazione sono proclitici, ossia vanno di pari passo con il ciclo economico) per chiedersi se l’effetto complessivo non sarà quello di esacerbare tanto le fasi di espansione quanto quelle di stagnazione o recessione. Il gioco – chiede polemicamente nel titolo del saggio – è valso la candela?
Ancora più duro George G. Kaufman della Loyola University – uno dei pensatoi principali del pensiero cattolico Usa in materia di economia e finanza. A suo parere, occorre correggerlo al più presto- anzi, afferma con eloquenza, prima che faccia troppi danni . Così come è adesso, è uno strumento modesto non in grado di raggiungere l’obiettivo di far sì che il sistema bancaria sia sano e salvo da imprudenze e malaffare. Assomiglia ad un breviario di procedure e prassi per i dirigenti delle banche nella loro attività di gestione del rischio. Può essere dannoso sia in quanto veste di un’uniforme burocratica ciò che dovrebbe essere il cuore della vita dei banchieri sia perché può indurre ad abbassare i livelli di guardia (in termini di requisiti di capitalizzazione) dove sino ad ora sono più elevati di quanto previsto dall’accordo.
Analogo per alcuni aspetti il punto di vista di Clas Wihlborg (Università di Copenhagen) il cui saggio spruzza scetticismo ad ogni paragrafo. Senza una migliore e maggiore disciplina di mercato, che solo dal mercato può venire, Basilea II è una costosa intelaiatura che avrà effetti limitati. Wihlborg formula una controproposta tecnica che, tuttavia, non sembra di facile attuazione.

Fonte: Milano Finanza del 22 marzo 2006

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