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“Banche, razionalizzare e tagliare i costi”

«Sono fiducioso: attraverso i contatti di queste ore sta emergendo il senso di urgenza del prendere decisioni difficili e importanti che facciano evolvere la costruzione comune». Parla di Europa il presidente del consiglio Mario Monti e lascia intendere che finalmente qualcosa si sta muovendo rapidamente sotto l’incalzare della doppia crisi del debito sovrano e delle banche che adesso minaccia di travolgere la Spagna. Qui al congresso delle fondazioni di origine bancaria Monti che ieri ha parlato collegandosi in video conferenza è stato accolto con grande calore e il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti ha ricordato che il padre dell’attuale presidente del consiglio era direttore generale della Cariplo e stretto collaboratore di Giordano Dell’Amore. Monti dal canto suo, ha ringraziato ricordando il ruolo importante giocato dalle fondazioni in rapporto all’obiettivo dell’aumento del capitale sociale e a quello dello sviluppo citando iniziative come la costituzione della Fondazione “Con il sud” o l’azione nel campo delle infrastrutture di F2I. Poi, ha preso di petto il “che fare” di qui al 28 giugno, data vertice Ue decisivo per la sopravvivenza dell’Euro: «Occorre lavorare a una unione bancaria, che dovrebbe essere chiamata unione finanziaria, per togliere la lente unicamente dal settore bancario». Serve secondo il premier una strategia che «permetta una sorveglianza più integrata sul sistema finanziario» oltre a un sistema europeo di garanzia dei depositi bancari e un sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Servono meccanismi per garantire la stabilità bancaria con forme che coinvolgano meno i debiti pubblici. Monti cita Tommaso Padoa- Schioppa, che ebbe molta lungimiranza nell’indicare la necessità di creare questi meccanismi e cita anche un altro predecessore al Tesoro, Giulio Tremonti ( anch’egli relatore al convegno Acri) per aver proposto gli eurobond.
Di Europa parla anche il vicedirettore della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni: «E’ facile, dall’esterno– osserva Saccomanni– dare giudizi negativi sui modi e sui tempi con cui l’Unione Europea ha fronteggiato la crisi: Non si tiene nel giusto conto che si sono dovuti perseguire due obiettivi, ugualmente necessari ma non sempre facilmente conciliabili: quello di dare certezza ai mercati sulla volontà di preservare la moneta unica e quello di evitare l’azzardo morale che la disponibilità di robuste reti di sicurezza inevitabilmente genera». Ma ieri Saccomanni si è rivolto anche al mondo delle fondazioni e a quello delle banche. Alle prime ha riconosciuto che la loro presenza nel capitale bancario è positiva per la stabilità del sistema. «Anche nell’attuale contesto di mercato, eventuali interventi normativi diretti a favorire una maggiore diversificazione degli investimenti non dovrebbero mettere in discussione la possibilità di continuare a svolgere il loro ruolo di investitori istituzionali in questo importante segmento del sistema finanziario». Quanto alle banche, Saccomanni ha esortato le grandi aziende nate dalle ultime aggregazioni a concludere senza indugi il processo di «assimilazione» delle concentrazioni per tagliare i costi e aumentare l’efficienza del sistema. «Devono essere prese in considerazione anche opzioni che prevedano il superamento del modello federale». Il numero due di via Nazionale ha poi suggerito di completare «interventi di razionalizzazione delle reti distributive e delle società partecipate, in modo da eliminare sovrapposizioni territoriali e duplicazioni operative che, talvolta, danno luogo anche a fenomeni di impropria «concorrenza infragruppo». Interessi di tipo localistico -ha sottolineato – non possono e non devono costituire un ostacolo alla realizzazione di tali interventi». La sollecitazione di Banca d’Italia è stata poi commentata dal presidente di Intesa San Paolo, Giovanni Bazoli: «Per le grandi banche – ha affermato – la rinuncia al modello federale per ridurre i costi non può essere una regola generale. Credo Saccomanni l’abbia indicata come un’opzione. Se invece si dimostra che non occorre…».

Fonte: Sole 24 Ore 8 giugno 2012

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