• giovedì , 21 Novembre 2024

Attenzione, la Cina è vicina

L’opposizione a dir poco scalmanata e retrograda alla linea TAV in Val di Susa appare oggi come un esempio emblematico dell’arretramento che vive il Paese da più di due decenni rispetto a paesi dinamici nel progredire tanto sociale quanto economico, in particolare la Cina. Il confronto con le ultime realizzazioni cinesi inducono ogni persona di buon senso e attenta ai fatti, piuttosto che alle fumose idee, a un giudizio impietoso sulle sorti del nostro paese, se non si cambia radicalmente marcia.
Nei giorni scorsi la Cina ha in tutta pompa avviato il collegamento TAV Pechino-Shanghai, 1318 km di percorso a 300 km all’ora, su treni fiammanti, di tecnologia cinese (miglioramento di quella occidentale), che accorciano il tempo di viaggio da 13 a 4 ore e 48 minuti tra due aree tra le più importanti per l’economia. E non basta, questo è solo un pezzo del programma che prevede ben 19.000 km di TAV nel giro di 10 anni, un vero primato mondiale. Infrastrutture essenziali, che si aggiungono alle altre grandi opere infrastrutturali che, ad esempio, fanno dei porti cinesi quelli tra i più moderni ed efficienti per minimizzare l’incidenza dei trasporti nella competitività dei prodotti cinesi sui mercati occidentali.
Un immenso salto infrastrutturale che si sta realizzando in un paese che dagli anni ottanta avanza a tappe forzate, sotto la guida di un sedicente partito comunista, il quale è riuscito finora a coniugare blande forme di dirigismo economico da tecnocrati con lo spirito di imprenditoria e la voglia di lavoro, che non conoscono limiti nel popolo. Certamente non tutto è oro quello che luccica in Cina: vi sono stridenti contrasti di sviluppo tra regioni, disparità di reddito, limitazioni delle libertà personali, corruzione, privilegi, scempi ambientali, ma queste pecche sono un normale corollario delle fasi di vertiginoso sviluppo di tutti i grandi paesi, in America come in Europa. E si tratta di paesi grandi, ma sempre molto più piccoli della Cina con il suo 1,4 miliardo di abitanti, con una storia di fame diffusa e grave arretratezza tecnologica, lasciata alle spalle solo da pochi anni.
Di fronte all’emergere di imponenti realtà economiche, sociali e culturali, come quelle della Cina e dei paesi BRIC, ci si attenderebbe in Italia una grande scossa dal torpore, che pervada tutta la società e la spinga a una riscossa su tutti i fronti. Invece, si continua ad assistere ad episodi come quello di una piccola comunità che da decenni tiene in ostaggio il Paese e il suo sviluppo per non turbare il quieto vivere di tranquilli valligiani dediti a pristine attività.
Così si cattura l’attenzione dei facinorosi e di tutti gli italiani, facendo dimenticare che da anni il benessere conquistato col sudato lavoro dal dopoguerra è sotto assedio, posto in forse dalle nuove realtà mondiali. Cosa sa l’opinione pubblica della perdita di competitività dei nostri prodotti, dell’erosione delle nostre quote sui mercati mondiali, del deficit della bilancia commerciale che si allarga (20,4 miliardi nel 2010; 1,3% PIL), del disavanzo con la Cina aumentato del 57% l’anno scorso, del passivo ancor più grande della bilancia corrente, salito al 3,5% PIL, avvicinandosi al deficit di bilancio (4,6% PIL)?
Ebbene, che echeggi di nuovo lo slogan degli anni 70, ma nel senso attuale e non dell’ideologia fallita: La Cina è vicina! Tra le imprese che competono risuona tutti i giorni; speriamo che si diffonda anche tra tutti gli italiani, non ultimi i valligiani dal quieto vivere.

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