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Atomo senza governo Sì alle centrali, ma l’esecutivo è lento

Se vogliamo ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, non lo possiamo fare col sole e il vento, ma con una fonte che abbia la stessa forza e la stessa potenza degli elementi, e l’unica disponibile è la nucleare».
Chicco Testa ventiquattro anni fa fu tra i promotori del referendum anti-nucleare cui si deve il blocco della produzione atomica italiana.
Oggi, alla vigilia di un nuovo referendum sullo stesso argomento che mira a bloccare il riavvio del nucleare italiano previsto nel programma del governo Berlusconi, presiede il Forum per il nucleare ed è passato dalla parte dei sostenitori dell’atomo.
Nel frattempo, per lui, un decisivo passaggio alla presidenza dell’Enel, dalla quale ha potuto evidentemente studiare la materia in modo più approfondito. E risponde sul tema ai microfoni di «Punto e a capo», su Class News Msnbc.
Domanda. Testa, cos’è che le ha fatto cambiare idea?
Risposta. Tre dati di fatto, che ho riscontrato nel corso degli anni: innanzitutto perché la domanda di energia nel mondo continua a crescere molto più di quanto ci si aspettasse vent’anni fa, essenzialmente a causa del fatto che ci sono tre miliardi di nuovi consumatori nel mondo, cinesi, indiani, indonesiani, che la assorbono. Secondo, perché abbiamo un problema ambientale connesso alla produzione di energia da fonti fossili che producono Co2 e che è esploso: effetto serra, gas inquinanti_ L’organizzazione mondiale della sanità stima che ci sia un milione di morti all’anno legato all’inquinamento delle centrali termine. Perché pochi sanno che il 70% dell’energia elettrica prodotta al mondo si ottiene bruciando carbone, petrolioe gas_
D. Ma il governo Berlusconi, nel suo piano di rilancio nucleare, doveva iniziare dall’individuare i siti dove impiantare le nuove centrali e quelli dove smaltire le scorie. Non s’è visto nulla_
R. Eppure dobbiamo risolverlo, a cominciare dalle scorie, perché abbiamo le centrali nucleari vecchie che stiamo smantellando e da qualche parte dobbiamo metterli, i rifiuti. Le nuove centrali produrranno i loro rifiuti fra 30, 40 anni, 50 anni ma nel frattempo chi ha voluto il referendum dell’87 deve porsi il problema di dove collocare i pezzi di quelle vecchie. L’Italia ha avuto 4 centrali perfettamente funzionanti addirittura negli anni 60 e 70. Oggi sono chiuse. Abbiamo spedito le nostre scorie all’estero, ma prima o poi torneranno indietro. Dove le mettiamo?
D. Ma non le sembra surreale che si torni a interpellare l’elettorato con un referendum su questo tema?
R. È inevitabile che alcune grandi questioni come indubbiamente è il nucleare tornino periodicamente nel nostro dibattito. Diciamo che l’argomento ha delle caratteristiche tali per cui forse se ne dovrebbe occupare, com’è stato, il Parlamento, è un argomento complesso_ forse troppo complesso per un referendum.
D. Ma si è già fatto un referendum sul tema!
R. Sì, ma la legge abrogata è poi stata rifatta e siamo di nuovo al punto di partenza: è un meccanismo previsto nel nostro ordinamento_ Altra questione è se sulle politiche energetiche del paese si debba procedere con voto referendario.
D. Teme una seconda bocciatura?
R. Non sono particolarmente preoccupato da questo referendum. Vorrei ricordare una cosa: nell’87, pochi mesi dopo l’incidente di Chernobyl, ci fu il referendum e su quarantacinque milioni di elettori aventi diritto al voto quelli contrari al nucleare furono 20 milioni. Quindi venticinque milioni di cittadini votarono no o non andarono a votare o votarono scheda bianca o nulla. Già allora c’era una metà abbondante del paese che non si espresse in maniera esplicita contro il nucleare.
D. Ammettiamo che il referendum fallisca. L’Italia è ancora in tempo per risalire sul treno del nucleare?
R. La politica energetica di un paese riguarda i prossimi decenni. L’energia è come il sistema nervoso di un corpo umano, è la base di tutto. Noi non ce ne rendiamo nemmeno conto, perchè accendiamo la luce, apriamo la macchina del caffè, ci mettiamo in macchina, andiamo in ufficio, accendiamo il computer_ ma senza energia non faremmo nulla di tutto ciò.
Allora dobbiamo ragionare non per i prossimi dieci anni, i prossimi quindici, i prossimi venti, ma per i prossimi trenta-quaranta-cinquanta anni, in modo da dotare il nostro paese di infrastrutture che eliminino per quanto possibile il rischio energetico. Qualsiasi passo in avanti riusciamo a fare in questa legislatura, servirà agli anni futuri.
Io temo che la possibilità di mettere la prima pietra alla prima nuova centrale nucleare italiana nell’ambito di questa legislatura, sia una probabilità rarissima, perchè purtroppo anche il governo ha accumulato un sacco di ritardi. È di ieri la nomina del quinto membro dell’agenzia, c’è voluto un anno. Quindi è chiaro che, se procediamo con questo passo, i tempi si allungano oltre ogni aspetto ragionevole.
D. Nessuno vuole le centrali dietro casa sua_Dove le metteremo?
R. È vero, anche quella parte di italiani favorevole al nucleare, modifica il suo atteggiamento se gli viene prospettata l’ipotesi che la centrale nucleare sia vicino a dove vive. Ma questio vale per qualsiasi impianto industriale che possa presentare qualche problema, dalle linee ferroviarie, alle autostrade agli impianti di rigassificazione, ai termovalorizzatori, alle centrali a gas, insomma è un grandissimo problema.
Però per quanto riguarda la localizzazione dei siti, prima di individuarli, l’agenzia deve fare i criteri per cui i siti possano essere individuati, ma se non c’è l’agenzia, è difficile fare i criteri. E solo ora l’Agenzia è finalmente a ranghi completi. Siamo come sempre nel campo delle lungaggini burocratiche e dell’indecisionismo del nostro paese.

Fonte: Italia Oggi del 18 gennaio 2011

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