Siamo tutti diventati bravi nella fenomenologia della crisi. Ci raccontiamo come abbiamo trovato vuoto il tal ristorante, quale negozio ha chiuso in una frequentatissima via della città, il nome dell’artigiano che dopo strenua resistenza ha dovuto rassegnarsi. Siamo tutti convinti di essere entrati in una delle congiunture più grigie della Grande Crisi e non credendo più alle super ricette, alle dotte citazioni di Friedman/Keynes/Schumpeter/Krugman, ci fidiamo solo di ciò che vediamo con i nostri occhi. Quanto al governo capiamo che sta facendo quel «lavoro sporco» che nessuno degli esecutivi che lo avevano preceduto aveva avuto la lungimiranza di iniziare. Poi ciascuno di noi coltiva una, dieci, cento critiche da rivolgere ai ministri ma ci siamo convinti che non esiste una politica economica alternativa e praticabile subito. Avremmo però bisogno che qualcuno spiegasse meglio come intende guidare il Paese in questi mesi che portano alle elezioni ma necessitano comunque di scelte sull’occupazione, i consumi, gli investimenti. Non chiediamo di essere illusi raccontandoci che la ripresa è vicina, vorremmo più dettagli sulle tappe di avvicinamento.
Forse non è possibile riassumere «il polso del Paese» così sinteticamente ma riflessioni di questa natura sono utili per contestualizzare la legge di Stabilità varata dal governo e poi rivisitata. Si era cominciato dicendo che avrebbe avvantaggiato il 99% della popolazione e poi si è visto che mai affermazione era stata così vuota. Si era confezionato un autentico pasticcio sulla franchigia e sul tetto per le detrazioni fiscali per di più retroattivo e in questo modo si era messa in obiettiva difficoltà la famiglia Rossi che nella programmazione del suo budget avrebbe voluto poter decidere con maggiore serenità. In definitiva il vero errore compiuto dal governo in questa circostanza è stato quello di aumentare il tasso di incertezza invece di diminuirlo.
Ora Monti e i suoi collaboratori hanno deciso di cambiare rotta, puntano sulla riduzione del cuneo fiscale con il doppio obiettivo di dare un po’ di ossigeno alle imprese e favorire i lavoratori a reddito basso con la speranza di sorreggere i consumi. La mossa è giusta, si tratta di riempirla con numeri e date e subito dopo di raccontarla alle imprese. Un primo effetto positivo sarà quello di rimotivare le parti sociali che hanno finora sottovalutato la portata di un’intesa per la produttività basata sul decentramento della contrattazione. Ma una volta scelta come obiettivo-guida la riduzione del cuneo fiscale bisognerà accompagnare questa opzione con iniziative coerenti, rimediando ad amnesie e pigrizie. Perché la nuova Ice (l’agenzia che ha preso il posto dell’Istituto per il commercio estero) procede così a rilento proprio quando l’export si conferma un’importante carta da giocare? Perché l’esame del piano Giavazzi che prevedeva un radicale riordino delle agevolazioni alle imprese non è stato ultimato?
Formulo queste domande non per compilare una lista di accuse ma solo per sostenere come l’inversione di marcia sarà doppiamente valida se accompagnata da scelte omogenee e comprensibili. Una maggiore linearità dell’azione di governo non ridurrà di per sé l’ansia sociale, può aiutare però gli operatori nelle decisioni di business e le famiglie nella difficile conduzione del giorno per giorno. Non chiediamo un «racconto» con la maiuscola ma l’illustrazione di un itinerario condiviso e credibile. Magari scopriremo che la chiarezza funziona meglio della pedagogia.
Amnesie, pigrizie e cambi di rotta
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