• sabato , 21 Dicembre 2024

Altro che le statue, si copre la realtà

di Carlo Clericetti

Le due polemiche che attraggono in questi giorni la maggiore attenzione dei media e dei politici sono quella sulle statue nude coperte per la visita del  leader iraniano Rouhani e quella su alcuni aspetti della legge sulle unioni civili. Ci sarebbe da chiedersi se non siano tutti impazziti se non avessimo imparato da tempo che – specie quando la situazione è grave – si ricorre al sistema felicemente descritto dalla formula “mezzi di distrazione di massa”.

Già, perché mentre ci balocchiamo con un fatto – il primo – che meriterebbe al massimo un paio di brevi ed eruditi interventi nelle pagine della cultura (ma giusto così, come divertissement), e con un problema – il secondo – che è tale solo perché in Italia esiste ancora un forte drappello di persone con una cultura da ayatollah, la Commissione europea ci bombarda a tappeto con i suoi divieti, le sue imposizioni e i suoi messaggi che si fa fatica a non definire criminali. Tale appare, in particolare, quello lanciato sulla sostenibilità del nostro debito pubblico, che se non è frutto di incoscienza – il che sarebbe gravissimo – è un intenzionale invito alla speculazione ad attaccarci, il che sarebbe appunto criminale.

Nel frattempo la morsa delle regole europee, che per alcuni Stati si applicano e per altri si interpretano, si stringe attorno alle possibilità di manovra sui conti pubblici, sulle banche, sull’Ilva. Nel frattempo aleggia la proposta tedesca di non considerare più i titoli di Stato senza rischio, ma a seconda del rating (tralasciando la leggendaria attendibilità di queste valutazioni), cosa che affosserebbe definitivamente il nostro sistema bancario che finirebbe preda, a prezzi di saldo, delle banche degli altri paesi per lo più salvate da aiuti di Stato, in quei casi consentiti.

L’allarme lanciato sulla sostenibilità del nostro debito nel Fiscal Sustainability Report della Commissione suona come una sorta di avvertimento mafioso a fronte dell’atteggiamento polemico assunto negli ultimi tempi da Matteo Renzi, ma soprattutto a fronte di una Legge di stabilità considerata non abbastanza “austera”, non tanto per quest’anno, quanto per l’evoluzione prevedibile nel prossimo biennio: i tecnocrati della Commissione non nascondono di ritenere che ci siano forti probabilità di allontanarsi dai cosiddetti “obiettivi di medio termine”, sul pareggio di bilancio e la riduzione del rapporto debito/Pil. E infatti nel Report si precisa che i rischi sul debito non sono immediati. Ma quei signori non possono non sapere che il solo evocarli può renderli reali, realizzando una di quelle “profezie che si auto-avverano”. Per il momento la cosa non sembra aver provocato reazioni dei mercati, che probabilmente hanno letto questa uscita appunto come un avvertimento.

Gli effetti negativi, invece, ci sono stati per l’accordo sulla – anzi sulle – bad bank, che dovrebbe ridare fiato alle nostre aziende di credito stremate dalla crisi senza fine provocata dalle politiche di austerità. L’accordo è stato accolto con una sequela di ribassi delle quotazioni delle banche. I dettagli – quelli dove si nasconde sempre il diavolo – non sono ancora noti, ma non c’è di che sperar bene.

Intanto la Troika sta calando di nuovo sui portoghesi, che hanno avuto la pericolosa idea di far uscire dalle urne una maggioranza di sinistra che ha formato il governo. E a quel governo ha già detto cosa deve fare: “E’ ancora difficile licenziare i lavoratori, la formazione dei salari si mantiene centralizzata a causa della contrattazione collettiva, la burocrazia per la concessione delle licenze commerciali è labirintica, la formazione professionale è inadeguata, le regole vigenti nel settore portuale e nella grande distribuzione ostacolano la concorrenza”. E sicuramente avranno da ridire anche sulle prime mosse del nuovo governo (un piccolo aumento del salario minimo, che resta tra i più bassi in Europa, e qualche altra modesta misura di attenuazione delle precedenti decisioni del governo di destra).

Licenziamenti facili, indebolimento dei sindacati, concorrenza, obiettivi di bilancio: le ricette sono sempre quelle, drammaticamente sbagliate se l’obiettivo è migliorare la vita dei cittadini, ma perfettamente adeguate se è invece quello di perseguire un modello di società guidato dal mercato, in cui il benessere della maggioranza è al massimo un sottoprodotto che dovrebbe generarsi come conseguenza. E se ciò non accade, come gli ultimi trent’anni e più hanno dimostrato, pazienza.

Su queste cose c’è poco da discutere, perché l’Europa le ha decise con i suoi Trattati e accordi vari che sono come i Comandamenti dati a Mosè sul Sinai. Quindi concentriamoci su quello che ancora possiamo decidere: se dobbiamo o no coprire le statue nude e che cosa si può graziosamente concedere alle unioni civili.
(Repubblica.it – 27 gen 2016)

Blogging in the wind – Twitter: @Carlo Clericetti

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