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Alitalia, la grisaglia non veste lo sviluppo

I sindacati hanno dato prova di responsabilità nella ultima fase della trattativa per giungere ad un accordo diretto ad evitare il fallimento dell’Alitalia. Lo ha sottolineato Giuseppe De Filippi su Il Tempo del 19 settembre. Occorre, però, chiedersi se tale senso di responsabilità sia stato una misura dell’ultima ora, quando tutte la parti in causa erano sull’orlo dell’abisso e nessuno voleva accollarsi la responsabilità di fare portare all’azienda i libri in tribunale. Oppure se si tratta di una svolta effettiva nella strategia sindacale in materia di concertazione, e se tale svolta coinvolge tutte le maggiori confederazioni. Quale che sia la risposta, si deve riflettere – come suggerito su Il Tempo del 2 settembre- sulla perdita di capitale tecnologico ed umano (nonché finanziario) derivante comunque dal fatto che si è aspettato sino a quando si era con l’acqua alla gola. Una perdita che azienda e sindacati dovrebbero cercare di quantizzare.
Saranno i fatti delle prossime settimane a rispondere all’interrogativo più importante, ossia al modello di concertazione. Sin dalla metà degli Anni Novanta, l’Italia sta perdendo battute, rispetto ai concorrenti, in quanto il suo modello di relazioni industriali resta legato alla “concertazione difensiva” e non va verso la “concertazione aggressiva o positiva”. La differenziazione tra le due concertazioni – quella “difensiva”, rivolta al passato, e quella “aggressiva o positiva”, orientata invece all’avvenire – era il punto centrale di un importante rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro del 1995. In esso si sottolineava come le relazioni industriali avrebbero dovuto affrontare le sfide poste dalla trasformazione economica, l’innovazione e l’integrazione economica, pena il pericolo di diventare irrilevanti. Il primo e più significativo accordo di “concertazione aggressiva o offensiva” in Europa è stata l'”intesa di Waseenar” (dal nome della località dove è stata stipulata) conclusa in Olanda nel lontano 1984. A confronto il “patto di San Tommaso” del 23 luglio 1993 ed ancor di più “il patto di Natale” del 1998 appaiono accordi “difensivi” rivolti a bloccare l’orologio, guardando al passato con una punta di nostalgia. Rispetto ai “patti sociali” italiani del 1993 e del 1998, l’accordo Alitalia ha le caratteristiche di una prima intesa di “concertazione aggressiva o positiva” in cui tutte la parte in causa hanno collaborato a porre le basi per un riassetto che salvaguardi il patrimonio per mettere le due aziende operative (che nasceranno da quella che è stata compagnia di bandiera) in grado, effettuate opportune alleanze, di competere sui mercati mondiali.
Verranno adottate strategie analoghe in materia di rinnovi di contratti collettivi industriali (il più immediato e quello dei metalmeccanici) e di contrattazione collettiva nel pubblico impiego? E le faranno tutte le maggiori confederazioni? Oppure la Cgil continuerà a fare “bande à parte” (ossia a prendere posizioni molto differenti ove non divergenti da quelle delle altre Confederazioni)? Se tutti i maggiori sindacati andranno verso la “concertazione aggressiva o positiva”, non è il caso di denunciare una volta per tutte il “patto di San Tommaso” che ha avuto un rilievo nel combattere l’inflazione ma che 11 anni dopo, appare francamente obsoleto? Non si devono definire nuove regole più adatte ad una concertazione per lo sviluppo?
E’ verosimile, tuttavia, che per una fase non breve si resterà in un’area grigia in cui il vecchio ed il nuovo (la “concertazione difensiva” e quella “aggressiva”) coabiteranno non molto bene e non ci sarà chiarezza di regole. La grisaglia non è il colore dello sviluppo.

Fonte: Il Tempo del 21 settembre 2004

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