L’ ultimo vero baluardo in Rai contro l’ ascesa dell’ allora emergente Silvio Berlusconi è scomparso ieri, nel giorno della sconfitta del suo nemico di allora. Biagio Agnes aveva 82 anni, ed era stato uno degli uomini più potenti d’ Italia. Da direttore generale della Rai per sette anni, dal 1982 alla fine del 1989, e poi da presidente della ricchissima Stet – cassaforte della superindebitata Iri e dei partiti – fino al 1997 quando fu Romano Prodi a decidere che il suo tempo era finito. Agnes, Biagione per gli amici e per i suoi 13 mila e passa dipendenti in Rai (quando parlavano di lui), non era un “Boiardo” qualsiasi. «Devo moltoa De Mita» diceva, «ma non gli ho fatto fare cattiva figura». Oppure: «La lottizzazione che facevamo noi era scientifica». Il che vuol dire che per i direttori di reti e tg chiedeva ai politici non un nome ma una rosa, nella quale lui sceglieva quello che considerava il migliore. Come dire: il rapporto con la politica c’ è, e io lo gestisco. Prendiamo Ciriaco De Mita. Dire che Agnes era un uomo di De Mita è riduttivo. Agnes pensava come De Mita, lo interpretava, il loro non era un rapporto subalterno ma quasi una simbiosi. D’ altra parte, da direttore generale della Rai per sette lunghi anni, dal 1982 alla fine del 1989, Agnes contava, si diceva allora, “come quattro ministri” e il potere sapeva gestirlo benissimo in prima persona. Democristiano mai pentito, nel palazzo di Piazza del Gesù sede della Dc, quando a Roma quello era il “Palazzo”, era di casa. E non per prendere ordini. Arrivava, partecipava alle discussioni e alle scelte, era parte integrante del sistema di potere. In Rai invece il potere era lui. Indiscusso. Se l’ era conquistato con la benedizione di De Mita, certo, ma non solo. La sua nomina, subito dopo la scomparsa di Willy De Luca, fu votata dal consiglio di amministrazione all’ unanimità. Dopo 24 anni di carriera cominciata nel ‘ 58 da radiocronista alla sede di Cagliari. Fabiano Fabiani, che dalla radio lo aveva portato alla televisione, lo ricorda come un gran lavoratore, uno che non si tirava mai indietro. Nel 1982, quando diventò il numero uno a viale Mazzini, erano un’ altra Rai e un’ altra Italia, ma tutte e due stavano cambiando. Cominciava la concorrenza della tv commerciale, cominciava la corsa delle tecnologie. Con Agnes la tv cominciò ad adeguarsi. I telegiornali si moltiplicarono, arrivò voluta da Agnes la terza rete, affidata da un superdemocristiano ai rossi Guglielmi e Curzi. Arrivarono il satellite e televideo. Fuori conquistava spazi il mondo Fininvest, senza regole, da pirata con licenza di corsa rilasciata dai potenti del tempo. Agnes, uomo d’ azienda, gli fece la guerra, e la vinse in termini di audience, ma non di risorse. Alla fine del decennio la Rai era stremata, ma soprattutto erano cambiati gli uomini che comandavano in Piazza del Gesù, che tenevano stretti i cordoni della borsa per fare in modo che la Rai si allineasse al nuovo corso. Agnes si dimise un attimo prima che Arnaldo Forlani lo facesse fuori. In Viale Mazzini, dopo le inconcludenti stagioni dei professori, della Moratti e degli altri che sono seguiti, c’ è ancora qualcuno che lo rimpiange. Lui anche rimpiangeva, ma il modo per distrarsi non ci mise molto ad arrivare. La presidenza della Stet, dove lo mise quello stesso Forlani che pochi mesi prima si apprestavaa farlo fuori dalla Rai. Alla Stet l’ accoppiata dopo qualche tempo divenne Agnes-Pascale, presidente e amministratore delegato, che di quella macchina da soldi fecero una macchina da guerra. Nel bene e nel male. La rete di partecipazioni internazionali poi dilapidate dopo la doppia Opa di Colaninno e di Tronchetti, fu costruita allora. Le basi in quell’ America Latina sulla quale si fonda il futuro della Telecom di Bernabè furono messe da loro. Loro era anche il progetto Socrate, che voleva cablare l’ Italia con la fibra ottica quindici anni prima che si cominciasse a parlare di Ngn, le reti di nuova generazione che ancora aspettiamo di vedere. Loro anche l’ idea della Mmp, una concessionaria di pubblicità creata dalla Seat (controllata dalla Stet) in sodalizio con il Banco di Roma di Cesare Geronzi e in seguito le Ferrovie di Lorenzo Necci. Obiettivo ufficiale fare concorrenza alla Sipra e a Publitalia, applicazione concreta fare lobby sui giornali praticamente di tutto l’ arco costituzionale, con il risultato finale di perdite per centinaia di miliardi. Ma le dimissioni ad Agnes e Pascale non furono chieste per questo. Il tempo dei “Boiardi” era finito, scorreva veloce quello delle privatizzazioni. E non erano loro due quelli che potevano vendere il controllo della Stet nei tempi che l’ avvicinarsi dell’ euro richiedeva. La pensione di Agnes è stata dorata ma non silenziosa né inattiva. Un breve sodalizio con Cecchi Gori per creare il terzo polo Tv, consulenze, un paio di anni fa il lancio da presidente di una nuova compagnia di assicurazione, il Premio Ischia, la direzione della Scuola di Giornalismo dell’ Università di Salerno. Interviste molte, sul passato e sul presente. Della Rai.
Fonte: Repubblica del 31 maggio 2011Addio ad Agnes,l’ultimo boiardo una vita intera nella tv pubblica
L'autore: Marco Panara
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