• giovedì , 31 Ottobre 2024

Acea in vendita una scelta irresponsabile

IL PASTICCIO più grande del sindaco pasticcione di Roma si chiama Acea. Il Comune è l’ azionista di controllo con il 51% e Alemanno ha deciso di vendere il 21. Quando si tratta di una società quotata ci sono regole che vanno rispettate. Il sindaco, primo pasticcio, non lo ha fatto. Con dichiarazioni contraddittorie a mercato aperto ha costretto la Consob a richiamarlo. Il sindaco, secondo pasticcio, dice che la legge obbliga alla riduzione della quota. Non è vero: la legge obbliga se si ha la maggioranza assoluta, a mettere a gara alcune attività, in questo caso l’ illuminazione pubblica che per Acea vale 50 milioni su un fatturato di 3,3 miliardi. Terzo pasticcio, l’ inevitabile bagarre politica, con l’ opposizione scatenata contro una vendita che ai prezzi attuali (Acea in un anno ha perso in Borsa il 50%) nessuno consiglierebbe: l’ esito di tutto ciò sono 70mila emendamenti sulla questione (in totale sono 150mila) al bilancio di previsione che il Comune deve approvare entro il 30 giugno. Ma il pasticcio dei pasticci è la decisione di vendere con il solo obiettivo di fare cassa in un momento di mercato sfavorevole e una situazione gestionale imbarazzante. E con l’ idea, indicata alla Consob, di mantenere il controllo con un patto di sindacato, il contrario dell’ unica buona ragione di vendere l’ Acea e cioè sottrarla alla politica. Le Borse non vivono un buon momento e vendere a questi prezzi è sconsiderato ma conta anche quello che si vende: l’ Acea è un’ azienda con notevoli potenzialità di crescita e redditività, ma non ha un piano strategico ed è al suo momento gestionale più basso: ha un miliardo di crediti, il costo del personale cresce il doppio dei ricavi, i margini sono in discesa, gli oneri in salita, l’ utile in tre anni si è dimezzato. Prima di cedere quello che potrebbe essere un gioiello, interesse del venditore sarebbe di lucidarlo e metterlo a nuovo per ricavarne il massimo. Ma al sindaco Alemanno è chiedere troppo.

Fonte: Repubblica del 15 maggio 2012

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