di Paolo Savona
Nel suo ultimo commento su Business Insider Marcello Minenna ha attirato l’attenzione sul ruolo che il Target2 svolge nella sopravvivenza dell’euro. Con questa sigla si denota il meccanismo contabile che lega i rapporti di credito e debito tra banche centrali e commerciali dell’Eurosistema. Di recente il “Consiglio dei saggi” del Governo tedesco ha manifestato preoccupazioni sull’eccessivo accreditamento della Germania nei confronti dei paesi-membri, suggerendo di redigere un Piano B per consentire l’uscita ordinata dall’euro per quelli che verosimilmente non sono in condizioni di fare fronte agli impegni. Il timore dei saggi tedeschi è sempre quello che la Germania si debba caricare del debito altrui, senza che minimamente siano sfiorati dal dubbio che la situazione è anche l’effetto del mancato riciclaggio di avanzi inaccettabili della loro bilancia dei pagamenti correnti con l’estero e di altri paesi dell’Eurosistema, con una ciliegina non di poco conto frutto della politica di intervento della BCE sui debiti sovrani.
Al gennaio 2018 la situazione del Target2 era la seguente: Paesi creditori 1.255 mld di euro, paesi debitori 1.024 mld; lo sbilancio è coperto dalla BCE per 231 mld. Per l’elementare principio che a ogni credito corrisponde un debito il saldo è nullo. Il grafico mostra che nel 2001, all’avvio dell’euro, i rapporti di credito e debito erano assai modesti e ricadevano entro i 50 mld, con l’eccezione della Finlandia. Sette anni dopo, allo scoppio della crisi finanziaria mondiale, la divaricazione cominciò ad ampliarsi, evidenziando l’incapacità dell’Unione Europea a fronteggiare gli shock esogeni, problema ben noto. La BCE ha compensato questa lacuna istituzionale pompando moneta e accelerando il suo impegno a seguito del celebre whatever it takes di Draghi del 2012; dal 2015, dopo un momento di flesso, ha ripreso a un buon ritmo gli interventi raggiungendo un indebitamento di 231 mld di euro. La Germania vanta 860 mld di crediti (già saliti a 913 a febbraio) dando fiato al nervosismo dei suoi saggi. L’Italia è debitrice per438 mld di euro (saliti a 444 a febbraio) e con la Grecia rappresenta la quasi totalità dei paesi gravemente esposti sul Target2. Questo debito non appare nelle statistiche “ufficiali”, eppure Draghi è stato chiaro affermando che chi pensava di uscire dall’euro avrebbe dovuto saldare prima questi debiti. Nell’osservare il grafico dell’insieme di queste posizioni non si può omettere di sottolineare come possa mai sopravvivere un sistema che presenta tali divergenze.
Nell’Italia postelettorale si continua a danzare sul Titanic al suono della musica delle autorità e dei media caratterizzato dal refrain suadente che la grande ripresa è in atto. Solo la ben nota sordità dei protagonisti induce a non alzare la voce per essere ascoltati sulla gravità della situazione che tuttora si pretende di sanare con avanzi deflazionistici di bilancio pubblico. Quella del risanamento che passa attraverso avanzi di bilancio pubblico è la musica che viene suonata in una sala attigua a quella principale al solo fine di reggere lo strascico al re, invece di illuminarne il cammino proponendo una profonda riforma dell’architettura istituzionale europea, i cui tratti principali ricordiamo in estrema sintesi:
1. creazione di una Scuola comune europea di ogni ordine e grado;
2. assegnazione di poteri di iniziativa legislativa al Parlamento europeo su materie stabilite;
3. attribuzione di poteri di intervento della Commissione almeno nelle infrastrutture, anche ricorrendo a forme di indebitamento fuori bilancio;
4. conferimento di obiettivi e strumenti alla BCE, in linea con quelli delle principali banche centrali del mondo.
Solo quando si inizierà a parlare seriamente di queste riforme, si potrà dimostrare che si desidera veramente un’Europa ambiziosa e solidale. L’unica speranza è che, quando lo si deciderà, non sia già troppo tardi.
Fonte: MF 11.4.18