La decisione di Mario Monti di consultare anche i giovani ha un valore che va al di là dellepisodio e delloccasione che lo ha generato. I giovani non sono una «categoria» e non hanno nemmeno una loro forma di rappresentanza sufficientemente testata ma ascoltarne lopinione vuol dire in qualche modo prefigurare una democrazia degli interessi che vada oltre le colonne dErcole della concertazione. Gli studiosi di matrice liberale hanno sempre bollato come neocorporativo il triangolo governo-Confindustria-sindacati che pure ha svolto un ruolo di primo piano nelle scelte di politica economica dellItalia del Novecento (si pensi allingresso nelleuro). A questo punto, però, è sempre più evidente come quello schema non copra tutte le esigenze di rappresentanza delle società complesse e anzi renda più cocente lesclusione degli outsider. Monti «chiamando» i giovani sul breve ripara a questo torto ma sul medio periodo prefigura un assetto diverso del rapporto tra politica e società. Tenta di riformare la concertazione in chiave universalistica e liberale, portando direttamente al tavolo gli interessi degli esclusi. Il governo deve avere massimo rispetto dei padri ma vuole ascoltare dalla viva voce dei giovani le ragioni del proprio scontento. Resta da vedere se la mossa di Monti porterà il mondo giovanile a darsi una vera e tradizionale rappresentanza (operazione ardua!) o a trovare tramite i social network un canale stabile per far sentire la propria voce. Limportante è che si sia, seppur simbolicamente, aperta una strada.
Se questa è la novità dal versante della domanda sociale lincontro Monti-giovani può avere riflessi interessanti anche sul versante dellofferta. La debolezza del riformismo italiano è stata nel corso degli ultimi 15 anni quella di non avere un vero retroterra sociale, una constituency del cambiamento in nome della quale battersi. I riformisti hanno spesso assomigliato ad altrettanti generali senza esercito che mentre avanzavano sul terreno dellavversario scoprivano regolarmente di esser rimasti soli. I deboli, gli outsider che dovevano rappresentare il loro potenziale bellico non li seguivano più, anzi si stavano rivoltando contro. Negli anni passati i modernizzatori per dotarsi di un proprio retroterra avevano cominciato a guardare con interesse al mondo dei consumatori. Del resto i sacri testi anglosassoni recitano proprio così: le società aperte sono quelle dove il potere dei consumatori prevale su quello dei produttori. Ma in Italia lo schema non ha funzionato, la rappresentanza del consumo non è mai riuscita a crescere e così i riformisti si sono ritrovati ancora una volta soli. Lampliarsi del gap generazionale in Italia ha però di nuovo rimescolato le carte e sta fornendo ai liberali una seconda chance. Monti lo ha capito ma il difficile arriva adesso. Implementare una politica pro-outsider nel «Paese per vecchi» è forse la maggiore delle sfide.
A favore degli outsider nel paese dei vecchi
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